Le elezioni di domenica scorsa hanno dimostrato ancora una volta, a Sezze e non solo, quanto si sia allargata la distanza tra la politica nazionale e quella locale, quanto la tanto strumentalizzata “rappresentanza” trovi difficoltà ad allargarsi a largo spettro. Concentriamoci sui risultati che le urne hanno restituito nelle 22 sezioni che si trovano nel territorio setino. Il boom di Fratelli d’Italia (quasi il 33% dei consensi raccolti) si può chiaramente giustificare, così come il 15% raccolto dal Movimento 5 Stelle. I delusi, se così si possono definire in uno Stato nel quale tutti vincono sempre (o almeno lo fanno credere al popolo per giustificare la debacle), sono il Partito Democratico (poco sopra il 15% e sotto di oltre 4 punti percentuale rispetto al dato nazionale) e la Lega (10%) soprattutto alla luce dell’exploit raccolto qualche anno fa alle Europee. Tiene botta Forza Italia, mentre non è pervenuta l’operazione Calenda-Renzi, ferma al 4%.
Letti così, questi numeri sembrano far credere che in questa città la maggior parte degli elettori sia orientata a destra, e magari è anche vero. Ma un’analisi più approfondita dimostra che intanto 56 aventi diritto su 100 si sono recati alle urne, mentre 44 sono rimasti a casa. Un dato da non sottovalutare mai. Poi si può iniziare a ragionare sui meriti. Nessuno disprezza l’impegno degli esponenti politici locali, alcuni dei quali hanno il merito di portare avanti con coerenza le proprie idee (o le ideologie, cambia poco). Ma sarebbe ipocrita sostenere che Fratelli d’Italia abbia quintuplicato i voti raccolti un anno fa alle elezioni perché Mario Sagnelli o l’esponente in consiglio comunale Orlando Quattrini hanno lasciato il segno. Fratelli d’Italia ha sicuramente lavorato bene sui territori, ma senza Giorgia Meloni e la posizione assunta in ambito nazionale dal partito i risultati non sarebbero probabilmente arrivati. Questo perché, se ci si prende meriti che non si hanno, si rischia di dover iniziare a parlare delle persone. E come conseguenza qualcuno potrebbe credere che il problema un anno fa fosse la candidatura di Serafino Di Palma, che poi magari è anche vero ma non sta a me giudicarlo.
A sinistra invece? Stesso principio. Il Pd nel 2012 prese il 35% dei consensi, sfiorando i 5.000 voti. Oggi chiude con nemmeno 1.500. Colpa di Francesca Barbati (da qualche mese segretaria dei dem) o di Luigi De Angelis (presidente)? O del consigliere regionale Salvatore La Penna? Merito, appena 10 anni fa, solo di Andrea Campoli o dello stesso Salvatore La Penna, che ricopriva il ruolo di segretario della sezione locale? Impossibile dare una risposta, salvo superficialmente analizzare le diverse componenti. Di certo, non è una novità, quello del centrosinistra setino è un momento particolarmente delicato e forse sarebbe il caso di iniziare davvero a tornare tra la gente, a proporre qualcosa di realizzabile e non solo a credere di essere migliori degli altri, spesso (come accaduto in ambito nazionale) arrivando persino a denigrare gli avversari.
E i civici, chiederà qualcuno? I civici sono civici per definizione. E nella coalizione che ha permesso a Lidano Lucidi di diventare sindaco 11 mesi fa le anime sono diverse. In quel progetto poi diventato forza di governo c’erano e ci sono ancora simpatizzati del centrodestra, storicamente simpatizzanti, così come ci sono persone che hanno militato nella sfera del centrosinistra e, infine, anche persone che non si sono mai esposte, o addirittura interessate, alla politica. Nessuno, poi, ha ufficialmente e apertamente sostenuto qualche partito, ma ci sta che abbiano nella loro sfera privata indirizzato qualche preferenza. Ci sta e sarebbe strano il contrario. È successo ed accadrà ancora, anche presto, in occasione della prossima tornata elettorale per scegliere quale sarà il governo del Lazio.
Simone Di Giulio
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