La morte di Matteo Pietrosanti, il 15enne di Bassiano che ha accusato un malore fatale mentre si stava allenando con i suoi compagni di squadra al campo sportivo “San Lorenzo” di Priverno, non avrebbe bisogno di alcun commento. Basterebbe osservare come questa tragica notizia abbia sconvolto tutti quelli che hanno avuto il privilegio di conoscere Matteo e la sua famiglia, ma anche quelli che hanno semplicemente letto la notizia e si sono per un momento messi nei panni di chi resta, di chi lo piangerà per sempre e ne sentirà la mancanza dentro la sua anima.
Le parole di sua madre, Francesca, affidate ad un post su Facebook restituiscono solo in parte la consapevolezza di cosa si provi in questo momento. Non conoscevo Matteo personalmente, ma a sentire le testimonianze di chi gli è stato vicino e lo ha visto crescere, mi fa sentire come se lo conoscessi. E’ per questo motivo che mi sento di partecipare, sommessamente, al dolore dei suoi parenti, dei suoi amici, dei suoi compagni di squadra che lo hanno visto spegnersi davanti ai loro occhi. Allo stesso tempo, però, mi sento in dovere, facendo parte da tanti anni di un ordine professionale, di sollevare una critica nei confronti di come è stata gestita la tragica notizia. Leggere sul giornale che Matteo sembrava stanco e spossato tanto da convincere il suo allenatore a metterlo in porta per riposarsi un po’ è davvero scioccante. E per diversi motivi. Innanzitutto perché Matteo era un portiere (e non serviva nemmeno un’analisi così analitica dei fatti per scoprirlo), poi perché dando per vera quella informazione viene messa in cattiva luce proprio la figura del suo allenatore che invece, anche questo ormai è un dato di fatto, è stato il primo ad intervenire e a cercare di far riprendere il suo battito cardiaco.
Comprendo, credetemi, le difficoltà di lavorare su una notizia del genere in mancanza di riscontri oggettivi, ma non capisco come si possa ricostruire una dinamica azzardando ipotesi che, allo stato attuale delle cose, non hanno alcun tipo di fondamento e, invece, aggiungono la beffa al danno. So che spesso per “allungare il brodo” si utilizzano escamotage e uno stile di scrittura che permetta di tenere in alto la notizia, ma tutto ha un limite e chi per primo ha provato a raccontare i fatti, seguito poi da tanti altri che si sono limitati al copiaincolla utile solo a raccogliere click, avrebbe dovuto rispettare quel limite, soprattutto perché si tratta di una tragedia immane e perché, nel rispetto di chi piange Matteo, non serviva a nulla cercare di amplificare quanto accaduto.
Simone Di Giulio
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