«Vivo da re, da quando ho abbandonato queste gran cose che voi tutti levate in coro al settimo cielo». È Orazio a pronunciare queste parole quando decise di trasferirsi da Roma alla campagna sabina, a pochi passi da Tivoli. Il poeta aveva realizzato che vivere in una grande città era stressante e che sicuramente la campagna gli avrebbe dato più tempo per scrivere e riflettere, d’altronde quel tipo di mestiere si poteva fare anche in un piccolo borgo. Oggi in un piccolo borgo si può fare qualsiasi mestiere, dal poeta all’amministratore delegato di una multinazionale con sede in India. Sì, perché il mondo è cambiato. Pandemia e tecnologia hanno distrutto ogni barriera logistica e scaraventato in un burrone le distanze e la forzata presenza fisica. In quest’anno abbiamo visto i nostri ragazzi studiare e laurearsi da casa, loro di fronte al pc a discutere la tesi e noi dietro il pc a fare il tifo. Padri schiavi del pendolarismo estremo hanno potuto gustare la gioia di accompagnare i propri figli a scuola la mattina e a riprenderli all’uscita. Le ferramenta hanno avuto spesso problemi di approvvigionamento non solo a causa dei ritardi nelle consegne ma per l’aumento della domanda, sono esplosi i lavoretti fai-da-te perché è aumentato il tempo a disposizione per dedicarci alle migliorie delle nostre mura domestiche. Lavoro in una grande azienda italiana e in questi mesi l’80% dei dipendenti è stato in smart working raggiungendo senza problemi gli obiettivi fissati, mentre l’altro 20% è rappresentato da tecnici, che solo per il momento, hanno un lavoro anche legato ad interventi in presenza, ma a breve cambierà anche questo settore.
Tanti amici di Sezze, amministratori di società, impiegati, dirigenti, stanno lavorando da casa portando a termine le loro attività e sforzandosi di adattarsi ad un nuovo approccio che non terminerà con la fine del Covid, la pandemia ha accelerato un cambiamento già in atto. Forse è la terza o quarta volta che scrivo su questo argomento ma lo faccio con passione e cognizione di causa. Le grandi città si stanno spopolando, migliaia e fra poco milioni di impiegati grazie allo smart working stanno decidendo di andare a vivere in paesi più piccoli, vivibili dove godersi meglio la vita lontano dallo stress delle metropoli e anche dai costi esorbitati. Chi si sposta però non è un ragazzo in cerca di fortuna che non giudica e valuta con oggettività, saranno invece donne e uomini maturi che selezioneranno la nuova residenza valutando prima alcune “ricchezze” del luogo. La prima in ordine di importanza : la presenza di una buona connessione in fibra! Seconda: la vivibilità. La terza: i servizi generali offerti. Il mio dirigente romano mi confida che è stressato dallo smart working perché quando si affaccia alla finestra, nel momento di pausa, vede solo palazzi e quindi non riesce a staccare nemmeno dalla solita “vista” di grande città. Ho immaginato per un momento di portarlo in una delle tante belle case storiche a Via del Guglietto, qui a Sezze, altro che mura e mura di palazzi! Si alzerebbe dalla scrivania, andrebbe alla finestra e nell’aprirla si troverebbe ad ammirare la pianura pontina fino alle isole meravigliose di Ponza e Ventotene.
Sezze ha le potenzialità per essere una delle mete della nuova immigrazione ma c’è bisogno di intervenire subito. Più della metà delle zone rurali (e belle) di Sezze non è raggiunta da una potente connettività, per non parlare di un centro storico invaso da auto dove è difficile pure camminare tranquillamente per pochi minuti senza doversi accostare ad un muro per far passare il Suv di turno. E i tanti edifici del centro storico abbandonati? Potrebbero trasformarsi in building working (sono decine le aziende pronte ad investire in progetti del genere). Una roba del genere porterebbe un movimento positivo nel paese tanto da rivitalizzare anche le attività commerciali attuali apportando nuova clientela e sviluppo dell’indotto. L’impiegato in smart working la sera vuole uscire da casa ed andare in un tranquillo locale per mangiare qualcosa e scambiare due chiacchiere con qualcuno o insieme alla propria famiglia, in un contesto vivibile e sereno. Ma di queste cose non ne parla nessuno, almeno non leggo articoli o iniziative volte alla trasformazione del mio paese. Ultimamente ho letto che il presidente del consiglio comunale di Sezze sollecitava la riqualificazione già programmata del Parco della Rimembranza con rinnovata area giochi per bambini. Mi chiedo se questo potrà essere sufficiente se poi il parco è frequentato sempre dagli stessi sezzesi (io sono uno degli stessi), se pure molti cittadini stranieri stanno lasciando il nostro comune per tornare nelle loro nazioni e tenuto conto che negli ultimi anni, a partire dal 2018, Sezze sta subendo una decrescita demografica costante. Ben vengano nuove giostrine ma non saranno certo quelle (se pur utili) a trainare il nostro amato comune nel futuro. Possiamo pensare a teatri, parchi, chiese, musei e luoghi di aggregazione ma se manca il capitale umano tutto questo non servirà a nulla, finirebbero nella famosa lista dei luoghi inaugurati in pompa magna e poi abbandonati e deserti. Le persone portano ricchezza, dobbiamo essere capaci di attrarre il capitale umano per generare ricchezza nel nostro comune. Serve urgentemente una visione di paese radicato nel passato e nelle tradizioni ma proiettato nel prossimo futuro. O meglio, servirebbe una nuova visione.
Daniele Giancarlo Piccinella