Devo ammettere che questa mattina c’era curiosità nell’attendere un servizio televisivo della Rai che puntava i riflettori sulla mia città. Vuoi per una semplice curiosità, vuoi per deformazione professionale, vuoi perché il giudizio di un occhio estraneo è sempre interessante. Io ci vivo (ci vivevo, per essere precisi) e sono consapevole che per mille motivi (sentimentali e anche a causa della professione che svolgo) ma mia comunque è una visione “condizionata”. Insomma, ero curioso. Ho fatto zapping con il telecomando finché si è parlato di Sermoneta e poi ho cambiato canale proprio nel momento in cui il presentatore lanciava il servizio dicendo qualcosa del tipo: “Ci trasferiamo a Sezze, meta particolarmente richiesta dai turisti che arrivano in queste zone”. Mi sono detto “Ah, però. Vuoi vedere che alla fine qualcosa di buono questo paesone è riuscito almeno a far vedere a tutta Italia?”.
Vedere Roberto Vallecoccia, per il quale nutro da tempo stima ed enorme considerazione che questo servizio non ha affatto sminuito, iniziare a parlare da uno degli scorci caratteristici del centro storico ha alimentato in me questa convinzione. Poi la camera si è spostata e la vista si è concentrata sulla pianura. Lì ho pensato: “Vabbè, dai, iniziare a parlare di Sezze da Ercole e dalle setole del leone Nemeo forse era troppo. Magari hanno pensato di iniziare dalla bonifica. Ci sta, un po’ riduttivo ma ci sta per una trasmissione che non dura nemmeno un’ora”. E invece niente. Aspetta e spera, ma niente. Qualche riferimento ai mulini, che per altro non conoscevo anche se il nome “Mole Muti” qualche sospetto me lo aveva fatto nascere, ma poi niente altro, per concludersi con una frase che, lo devo ammettere, mi ha fatto proprio ridere, quella del particolare rapporto tra i sezzesi (o setini, come volete) e l’acqua. Mi sono tornate alla mente le centinaia di telefonate e di messaggi che ricevo o che leggo sui Social per diversi mesi l’anno, quando dai rubinetti di mezza città esce aria (e i contatori comunque girano). Sì, decisamente particolare come rapporto.
Fatta questa doverosa premessa che non entra nel merito ma si concentra sul metodo, forse su alcune scelte editoriali fatte proprio dalla trasmissione e sicuramente dovute ad un’impronta che si è deciso di dare al servizio, mi sento però di inserirmi tra i delusi che hanno sfogato (civilmente) la loro perplessità sui Social. Ma d’altra parte, per quel briciolo di onestà intellettuale che credo mi sia rimasta, mi sento di dire che questa è solo la punta dell’iceberg di una situazione che si trascina stancamente da diversi decenni e che nessuno sembra volere o essere in grado di affrontare seriamente. In tutta onestà (e spero di non offendere la sensibilità di alcuno) mi sono un po’ stufato di sentir dire che Sezze era la capitale dei Lepini, che era un modello di riferimento e che è più antica di Roma. Magari è vero eh, non mi sento di metterlo in dubbio. Ma poi? Vogliamo parlare di quello che abbiamo perso lamentandoci degli amministratori locali o di forze occulte che ce ne hanno privato? O vogliamo ammettere che questa situazione l’abbiamo creata tutti noi, ognuno nel suo piccolo, non riuscendo a far valere il sacrosanto diritto di mantenere il bello che c’era e di non cercare di far emergere il bello che potrebbe esserci? Sembriamo i genitori che durante il ricevimento dei professori si sentono dire “E’ bravo ed intelligente, però non si applica”. Vogliamo continuare a dire che negli anni sono state prese scelte sbagliate, oppure vogliamo iniziare a farci un bel bagnetto di umiltà ed ammettere a denti stretti che la parte più grande delle responsabilità di quello che siamo lo dobbiamo a noi stessi? Vogliamo prendercela con la Rai? Oppure iniziamo a sollevare la testa dalla sabbia?
Simone Di Giulio
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