Ho l’impressione che stavolta ci siamo. Matteo Renzi, nella prima uscita pubblica della campagna elettorale per le Primarie del Partito Democratico (paragonabili ad una sorta di prequel delle elezioni politiche), piazza la zampata che mette in crisi il sistema. Il suo intervento ‘politicamente scorretto’ sulla delicata questione dell’indulto e dell’amnistia sa tanto di vittoria da festeggiare tra i denti. Per una serie di motivi: prima di tutto ha spostato l’attenzione su di sé, con buona pace dei vari Cuperlo, Civati e Pittella, che già sapevano di partire battuti, ma che adesso ci penseranno mille volte prima di attaccare il sindaco di Firenze. Poi si è tolto un sassolino dalle scarpe, quello di aver perso (ovviamente) la fiducia di alcuni leader storici del suo partito, ma anche di essersi divincolato dalla presa di molti ‘lettiani’ (Gianni Dal Moro, Francesco Sanna, Francesco Boccia, Lorenzo Basso ed Enrico Borghi, solo per citarne alcuni) che nelle ultime settimane avevano fatto la fila per schierarsi al fianco del nuovo che ri-avanza (dopo l’harakiri delle scorse primarie contro Bersani). Renzi non sopporta Letta, questo è chiaro. Perché Letta (e il Governo che presiede) è la massima rappresentazione di quello che lui combatte da quando è entrato in politica. La clamorosa presa di posizione del ministro dello Sviluppo Zanonato, poi, è il più classico degli autogol (termine che proprio Renzi, guarda un po’, aveva utilizzato a Bari nella sua prima uscita per le Primarie). Paragonando Renzi a Grillo gli ha fornito due assist a porta vuota e gli ha permesso anche di uscirsene con una frase che sa tanto di populismo ma che in questo periodo potrebbe funzionare: “Se ci sono ministri che anziché preoccuparsi di governare passano il tempo a commentare le mie dichiarazioni mi dispiace per loro. Il ministro dello Sviluppo si deve preoccupare di come far sì che le aziende non chiudono, di aiutare gli artigiani e non di stare a lamentarsi dalla mattina alla sera di cosa dice il sindaco di Firenze”. Colpaccio, unito anche ad una finalmente chiara presa di posizione nei confronti di Napolitano, da molti italiani considerato come la mente sublime che ha dato il via ad uno dei momenti politicamente meno lucidi dell’Italia Repubblicana: “Non ho parlato contro il Presidente della Repubblica. Io ho detto che non sarebbe serio, educativo, responsabile sette anni dopo un indulto come quello del 2006, farne un altro. Non è che un partito politico dice: ‘Lo ha detto il presidente Repubblica, si fa punto e basta’. Allora che ci stanno a fare i partiti?”. Insomma, Renzi stavolta sembra aver capito come si vince e, anche a costo di farsi dei nemici lungo il cammino, non si fermerà e non commetterà gli errori di ‘buonismo’ che hanno caratterizzato l’ultima fase delle primarie dello scorso anno.
Simone Di Giulio