ROMA – E’ passata tra i banchi di Montecitorio, con 308 sì, 117 no e 8 astenuti, la riforma della disciplina della diffamazione a mezzo stampa, che annulla la misura del carcere per i giornalisti e i direttori di testate. Ora il testo passa all’esame di Palazzo Madama Senato, con il Movimento 5 Stelle che ha chiesto in aula la calendarizzazione della proposta di legge che prevede l’abolizione dell’ordine dei giornalisti. La maggioranza, però, ci ha ripensato su un importante emendamento, quello del deterrente contro le cause temerarie e intimidatorie contro i giornalisti. Ritirato l’emendamento di Mariastella Gelmini, fatto proprio dai deputati di Sel, è rimasto in piedi quello del Movimento 5 stelle, che apriva alla possibilità per il giudice di fissare un risarcimento al giornalista pari alla metà del danno richiesto dal querelante, qualora l’azione legale si dimostrasse palesemente infondata e intimidatoria. Ma entrambi gli emendamenti sono stati bocciati. Tra le novità spicca quella riguardante la Rete: se il delitto di diffamazione viene commesso su Internet la competenza sarà del giudice del luogo di residenza della persona offesa. Il testo era stato licenziato dalla commissione giustizia lo sorso 26 luglio. In dettaglio non ci sarà più carcere per chi diffama a mezzo stampa, ma esclusivamente una multa in caso di attribuzione di un fatto determinato che va dai 5mila ai 10mila euro. Se il fatto attribuito è consapevolmente falso, la multa sale da 20mila a 60mila euro. In caso di recidiva, vi sarà anche l’interdizione da uno a sei mesi dalla professione. La rettifica sarà valutata dal giudice come causa di non punibilità. Le rettifiche delle persone offese devono essere pubblicate senza commento e risposta menzionando espressamente il titolo, la data e l’autore dell’articolo diffamatorio. Il direttore dovrà informare della richiesta l’autore del servizio. In caso di violazione dell’obbligo scatta una sanzione amministrativa da 8mila a 16mila euro. Nella legge sulla stampa rientrano ora anche le testate giornalistiche on line e radiofoniche. Il danno sarà quantificato sulla base della diffusione della testata, della gravità dell’offesa e dell’effetto riparatorio della rettifica. L’azione civile dovrà essere esercitata entro due anni dalla pubblicazione. Non solo il giornalista professionista ma ora anche il pubblicista potrà opporre al giudice il segreto sulle proprie fonti.