C’era una volta il calcio di un bambino che giocava con la palla tra i piedi in ogni angolo del mondo. Oggi il calcio che significava libertà e creatività è diventato sempre meno un gioco e sempre più un industria, e non solo. Il convegno del 23 ottobre 2023, “ISLAMBALL”, si pone l’obiettivo (andando oltre l’analisi sociale ed economica del calcio europeo) di presentare come il calcio possa rappresentare uno strumento di soft power tramite cui gli Stati musulmani possono favorire l’islamizzazione dell’Europa. All’iniziativa promossa dell’europarlamentare Nicola Procaccini sono intervenute diverse personalità, moderate prontamente dal giornalista Fabio Benvenuti, che hanno dato il loro contributo per entrate nel merito della comprensione di un fenomeno così complesso quanto attuale (McGeehan afferma che “lo sport è sempre stato utilizzato per scopi politici”).
3 anni fa con FareFuturo è stato scritto un rapporto riguardo l’islamizzazione europea, dove c’era un solo capitolo dedicato al calcio. In quell’occasione fece scalpore l’immagine delle squadre di tutte le capitali europee con indosso brand o riferimenti al mondo islamico. Ad oggi il tutto appare come normalità, si pensi alla sessione estiva di calciomercato nella quale anche l’ex CT della nazionale, Roberto Mancini, “ci è stato rubato”. Questo scenario, che include anche la candidatura EXPO del mondo islamico, non è “un semplice divertimento” per ricchi sceicchi. Esempio concreto è l’analisi delle ultime stagioni, in campo nazionale ed europeo, del PSG dove il ritorno economico è stato inesistente. Il vero e proprio ritorno è la diffusione geopolitica dell’islam tramite il gioco social popolare del calcio (che è stato letteralmente acquistato).
Un dossier alternativo di FratellanzaMusulmana permette di capire come la conquista europea non preveda strategie ed armi militari ma l’entrata nella sfera sociale. L’onorevole Procaccini ci tiene a sottolineare, alla fine del suo intervento, come “nulla è casuale ma tutto è premeditato. Questo fenomeno è sotto gli occhi di tutti ma nessuno se ne rende conto”. Doveroso precisare come queste strategie geopolitiche e i messaggi correlati non appaiono evidenti allo sguardo del tifoso che “è interessato esclusivamente al goleador per la sua squadra” e ignora come il soft power del calcio sia uno strumento di diffusione dell’islam, anche quello più radicale.
L’autore del libro “Calcio, Islam e Petroldollari”, Rocco Bellantone, si unisce al discorso partendo da una premessa storica nella quale evidenzia come altri governi (prima del Qatar) abbiano utilizzato ugualmente il calcio come soft power: Saddam Hussein contro l’Iran per finire ai mondiali di Messico 86’, o ancora, Erdogan con l’Istanbul Başakşehir che “tiene il cordone” economico delle principali squadre turche. L’Arabia ha come obiettivo, al momento per Vision 2030, sviluppare una maniera alternativa al petrolio per finanziare la propria economia: ecco che il calcio rappresenta la punta di diamante.
Quanto detto trova conferma nella realtà con la SaudiProLeague che entra nella lega dei top 5 campionati calcistici, contrastando quelli europei (ma in riferimento agli ultimi risultati della nazionale araba bisogna ricordare sempre che “il pallone è tondo”). Questo scenario si potrebbe definire come un “processo di dewahabizzazione dal potere religioso a quello di casa Saud” con l’opinione pubblica, maggiormente giovanile, che ne è stata attratta. I mondiali del 2034 non sono altro che la dimostrazione della pressione della potenza araba. Gli slot cercati da occupare da Infantino fino al 2030 non sono bastati a respingere l’”avanzata”, favorita anche dall’abbandono dei Paesi indonesiani che dapprima insistenti si sono rivelati partner dell’Arabia.
Direttamente da “Il Sole 24 Ore” interviene Marco Bellinazzo che puntualizza l’importanza delle politiche dello sport nella società, un peso che, però, viene sottovalutato dalle istituzioni. Quello che l’Arabia vuole fare con Vision 2030 è un’operazione di nation building con lo sport che si configura come un “patto generazionale” data la maggioranza giovanile della popolazione. La condizione europea, sostiene Bellinazzo, è “di miopia” perché soggetta, quasi vittima, delle pressioni di altre potenze come Inghilterra, Stati Uniti e Arabia. Nel dicembre del 2012 il discorso della Superlega non è stato visto in maniera positiva, con la stessa UEFA insieme alla FIFA che si sono battute per difendere la funzione sociale del calcio. A quei tempi, che sembrano lontani, il discorso “suonava logico”, ma ad oggi? È lampante il bisogno di nuovi format sportivi in Europa, ipotizzando, magari non una Superlega ma un campionato che favorisca l’identificazione con l’Europa. Il calcio, nell’ottica critica di Bellinazzo, fa parte di un processo nel quale Riyad vuole diventare un punto di riferimento. Momentaneamente l’obiettivo è quello del mondiale ma ancora più in generale l’interesse è quello di “portare l’occidente in oriente e non viceversa”.
L’esperienza in campo e su panchine prestigiose, tra cui in Iran e in Qatar, di Andrea Stramaccioni è chiamata in causa per delineare un ipotetico scenario futuro. Da persona laureata, e non da mero “pallonaro”, sostiene che nel Medio Oriente ci sia “fame di calcio” tanto da individuare nello sport il fattore di aggregazione delle giovani generazioni, specialmente in Iran. Lo “scippo delle stelle calcistiche” europee non è altro che la dimostrazione di come anche le eccellenze vengano selezionate per “formare il futuro” ed essere affiancate allo sviluppo di tecnologie e strutture, già rispetto all’Europa, avanzate. L’Italia sembra avere “un freno a mano tirato” perché nonostante viva di calcio non ne tutela gli interessi, si pensi a tutte le questioni, o meglio, polemiche riguardo la costruzione di nuovi impianti e strutture. Rimandando alla propria esperienza nei 2 Medio Orienti, Stramaccioni, conclude il convegno facendo un paragone con l’Europa perché non bisogna dare per scontato o sottovalutare il livello tecnico iraniano (si pensi a giocatori come Mehdi Taremi, nel Porto, o Azmoun, alla Roma) e la mentalità del Qatar (che sta cercando di integrare con le stelle europee in cerca di riscatto).
La storia e la tradizione italiana calcistica, ovviamente, non possono “rubarla”, ma il resto?




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