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Il destino e la bomba

7 minuti di lettura

OPPENHEIMER

Regia: Christopher Nolan
Genere: Biopic, drammatico
Interpreti: Cillian Murphy (Robert Oppenheimer), Emily Blunt (Katherine “Kitty” Oppenheimer), Matt Damon (generale Leslie Groves), Robert Downey Jr. (Lewis Strauss), Florence Pugh (Jean Tatlock), Josh Hartnett (Ernest Lawrence), Jason Clarke (Roger Robb), Casey Affleck (Boris Pash), Rami Malek (David L. Hill), Kenneth Branagh (Niels Bohr), Benny Safdie (Edward Teller), Dylan Arnold (Frank Oppenheimer), Tom Conti (Albert Einstein), James D’Arcy (Patrick Blackett), David Dastmalchian (William L. Borden), Dane DeHaan (Kenneth Nichols), Christopher Denham (Klaus Fuchs), Gary Oldman (Harry S. Truman)
Paese/Anno: U.S.A., Regno Unito/2023
Durata: 180′
Dove vederlo: al cinema dal 23 agosto

 

9/10

 

Il grande storico e filosofo Oswald Spengler nel suo colossale trattato Il tramonto dell’Occidente affermava che il “destino” di una civiltà si manifesta come qualcosa di irrevocabile in ogni suo tratto, con un orientamento e un processo necessari.
David Lynch, nell’ottavo episodio di Twin Peaks – Il ritorno, riconduce il male assoluto, lo stadio definitivo del male prodotto dalla creatività e dalla tecnica dell’uomo, alla creazione della bomba atomica.
In Oppenheimer, Christopher Nolan richiama, scinde e fonde questi stessi princìpi: la bomba come elemento imprescindibile della Storia del Novecento; la bomba come zenit e nuovo orizzonte di un terribile equilibrio mondiale; la bomba come incarnazione del fallimento morale dell’uomo e trionfo del genio; la bomba come simbolo della memoria della nostra civiltà.

Oppenheimer è un film costruito su tre scene portanti: l’ellisse in cui ci viene mostrato per la prima volta l’incontro “muto” tra il fisico ed Einstein; l’adrenalinica ricostruzione della detonazione del primo ordigno nel deserto di Los Alamos, in cui la visione oggettiva della macchina da presa si sostituisce presto a quella soggettiva di Oppenheimer; l’ultimo frame prima dei titoli di coda, in cui notiamo per un solo istante lo scienziato interpretato da Cillian Murphy chiudere gli occhi, divorato da una consapevolezza e da un senso di colpa irreparabili. Il cinema di Nolan è un cinema da sempre altisonante, “grandissimo” nell’accezione più sensoriale-emotiva possibile, in cui prevalgono epicità e sacrificio, umanità e possibilità: in Oppenheimer, tutti questi elementi concorrono a delineare la stasi, l’attesa storica (prima della bomba) e la fatalità a cui soccombe il genere umano, conscio, nelle parole degli scienziati stessi, di dover mettere un “fine” alla corsa alla bomba, prima dei nazisti e di Hitler. Non è uno snodo storico, è un punto di arrivo; è, al contempo, solo un gioco ad assumersi quelle responsabilità.
Ecco perché nella seconda parte Oppenheimer muta connotati, abbandonando il biopic, per affidarsi a un più subdolo legal-drama (che è anche un thriller), in cui Nolan si dedica con ossessione a cogliere la tensione con una serie quasi interminabile di primi piani, di dettagli, a camera fissa, rigorosamente in bianco e nero. È una caccia alle streghe, un insignificante scaricabarile, uno sciocco tentativo di ripulirsi la coscienza.

E a noi spettatori, ci dice Nolan, cosa resta da fare? Chiaro: guardare. Come Oppenheimer che fissa ossessionato i suoi calcoli, i suoi atomi, la detonazione della sua bomba. E il cinema è qui per ricordarci tutto questo, per ribadire l’importanza dell’immagine: che “arriva” prima del suono della detonazione, forma-simbolo-fantasma sempre viva e vivida; così come ci arrivano prima le immagini di un brevissimo incontro e solo dopo le parole lasciate nel vento. Non ci è dato chiudere gli occhi, perché siamo tutti carnefici e non c’è distinzione tra chi la bomba l’ha creata e chi l’ha poi sganciata.
E Oppenheimer è un film che raccoglie l’eredità umanista di Dunkirk, il fascino dell’ingegno oggettivo di The prestige e quello formale di Inception e Tenet; è, da un certo punto di vista, il film più ”nolaniano” di Nolan, perché è il più lontano tra i suoi, nonostante riesca a racchiuderli tutti. È un grande film, perchè ci insegna che non ci è permesso chiudere gli occhi: se la Storia è irrevocabile, il Cinema ha il compito di conservare la luce.

Stefano Colagiovanni

Redazione

Mondore@le quotidiano online della provincia di Latina che nasce il 17 dicembre 2007 e dopo 148 numeri in formato cartaceo (prima quindicinale, poi settimanale) passa definitivamente alla versione online il 9 ottobre 2013

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