L’INTERVISTA, Marco Ghirotto: “Stare con i bambini della Fair Play School è terapeutico”
Il calcio è lo sport più seguito al mondo. Basta fare una ricerca su internet o sui social network per rendersi conto della popolarità di questa disciplina. Quello che però molte persone non sanno, o non riescono a cogliere, è che il calcio a volte è qualcosa in più di un semplice sport. È passione, ma anche voglia di rivalsa e di ripartire. È proprio con questo stimolo a non mollare e a dare una nuova possibilità a tutti, ma in primis a sé stessi, che è nata la Fair Play School di Latina, la prima scuola calcio inclusiva del capoluogo e oltre. L’idea prende il via grazie a Marco Ghirotto e Luca Zavatti che insieme decidono di lanciare questo progetto per rendere lo sport un mondo accessibile a tutti i bambini, sia quelli con problemi fisici che con difficoltà economiche.
Marco Ghirotto è un nome ampiamente conosciuto nel panorama calcistico pontino. La sua impresa di vincere Campionato e Coppa Italia alla guida della squadra Berretti del Latina è rimasta scolpita nelle menti di tutti i tifosi nerazzurri, che ancora ricordano i fasti di quei ragazzi.
Mondore@le ha avuto il piacere e l’opportunità di intervistare proprio l’allenatore pontino, per parlare a tutto tondo di questo progetto inclusivo della Fair Play School e dei futuri progetti legati a questo mondo.
Come è nata e di cosa si occupa la Fair Play School Latina?
“La Fair Play School nasce da un grande perché, che abbiamo in maniera diversa io e l’altro fondatore, il mio amico Luca Zavatti. In sostanza, io avevo un sogno: quello di fare una scuola di sport, partendo dal calcio che è il mio sport oltre ad essere il più diffuso, per bambini e famiglie con qualche difficoltà economica per l’accesso al calcio. Ho intercettato poi sulla stampa nazionale che un mio concittadino, Luca Zavatti, aveva un sogno, ovvero aprire una scuola calcio per bambini con problemi fisici, come lui che è amputato da un po’ di anni per un incidente. Proprio il calcio e lo sport gli ha aperto il mondo a quello che lui chiama il suo secondo tempo. Lo chiamai e gli prospettai quello che era il mio progetto e abbiamo deciso di farlo insieme. È nata una cosa fantastica che ha una grande risonanza, purtroppo da una parte e per fortuna dall’altra; dico purtroppo perché abbiamo bambini che vengono a fare allenamento da noi partendo da Sora, quindi un’ora e mezza di macchina, o da Roma, da Nettuno, da Cori. Il nostro rammarico, per il quale stiamo lavorando, è quello di cercare di esportare la nostra idea. Di fare a Frosinone una situazione analoga alla nostra, a Roma e da altre parti, insomma stiamo lavorando su questo.
L’idea nasce da questi motivi, perché avevamo tutti e due un’esigenza per motivi diversi. Io perché sono nato da una famiglia umile e avevo la fortuna di giocare per strada vista la mia anagrafica. Però non potevo pensare che oggi, nel 2023, i bambini non possono accedere allo sport perché si paga. Questa è una cosa che per me non esiste. Il tutto si sta sviluppando in maniera molto importante, perché in tutto questo abbiamo anche ragazzi normodotati, perché fanno parte di quella fascia di famiglie che all’epoca avevano un bisogno, magari oggi non lo hanno più, ma sono talmente inseriti nel nostro modo di fare sport che non se ne vanno più”.
Che sensazioni vi da rivedere il sorriso e il divertimento sul volto di un bambino?
“È terapeutico. Abbiamo scoperto che il pallone è un farmaco, ma di contro abbiamo scoperto quanto noi siamo fortunati nel trarre energia ogni qualvolta ci si incontra o ci si sente. Ci danno una carica, ed egoisticamente siamo più noi avvantaggiati che godiamo di questa che si chiama forma di gratitudine”.
Quali sono i progetti futuri per la scuola?
“Il progetto è in continua espansione, ma soprattutto, quella che è la nostra parola d’ordine è far sì che mai e poi mai si debba dire di no ad una mamma o un papà che chiede aiuto a noi. Questo comporta che abbiamo dovuto raddoppiare gli allenamenti, gli allenatori e tutto questo ha dei costi, che riusciamo a sostenere grazie alla solidarietà di molti amici che ci sponsorizzano, perché viviamo chiaramente di forze economiche di società o di amici che ci danno una mano. Noi dobbiamo sempre poter dire si. Questa è la nostra forza. L’espansione della scuola è quella di poter intanto dire sempre si a tutti e poi stiamo pensando a fare anche un pre o post allenamento che dia per esempio dei corsi d’inglese a questi ragazzi oppure che faccia da doposcuola. A breve avremo delle novità. La cosa sta diventando molto importante, stiamo cercando di organizzarci per avere anche un pulmino. Sta diventando un bel distretto sociale”.
Che ricordi ha della sua parentesi sulla panchina del Latina?
“Io al Latina Calcio ho improntato tutta la mia carriera o la maggior parte. Nel Latina Calcio ho 58 panchine in prima squadra e sicuramente più di quattrocento nel settore giovanile e anche qualche successo. Sono stati dieci anni importanti, entusiasmanti perché è stato l’apice del calcio pontino parlando di categorie. In questo momento seguo le vicende della squadra della nostra città sempre con orgoglio. Per il resto, sono talmente concentrato su questa nuova missione, dove sto cercando di avviare una collaborazione con la Federazione Italiana Giuoco Calcio per quello che si chiama “Calcio Integrato”. Diciamo che un po’ il campo mi manca, ma quando entro con i ragazzi poi dico che forse sono più fortunato a fare questo tipo di attività”.
Luigi Calligari

Giornalista ODG Lazio. Laureato Magistrale con Lode in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo presso Coris Sapienza. Appassionato di sport e giornalismo. Collabora anche con la testata LatinaNews