C’è una prima, importante verità che emerge dalle indagini sulla morte di Paolo Mendico, il quindicenne di Santi Cosma e Damiano che lo scorso settembre ha scelto di farla finita, poche ore prima del suono della prima campanella. Un gesto estremo, arrivato nel silenzio di una vigilia che per tutti doveva essere solo l’inizio di un nuovo anno scolastico, ma che per lui è diventata la fine.
Ora quel silenzio comincia a parlare. La relazione ispettiva del Ministero dell’Istruzione, disposta subito dopo la tragedia, ha infatti confermato ciò che la famiglia di Paolo ripeteva fin dal primo giorno: il ragazzo era vittima di bullismo e la scuola, invece di proteggerlo, avrebbe minimizzato, ignorato, sminuito.
Gli ispettori, dopo settimane di audizioni, raccolta di documenti e testimonianze, hanno consegnato al Ministero un quadro chiaro: alcuni insegnanti dell’istituto “Pacinotti” di Fondi saranno oggetto di provvedimenti disciplinari. Le indagini interne hanno ricostruito una serie di segnali di disagio che Paolo avrebbe lanciato più volte, insieme a episodi di derisione e isolamento subiti tra i banchi. Segnali che – secondo quanto emerso – erano noti ai docenti e alla dirigenza, ma che sarebbero stati liquidati nonostante le ripetute richieste d’aiuto dei genitori.
Mentre la burocrazia scolastica tenta di fare chiarezza sulle proprie omissioni, la magistratura prosegue su un doppio binario: la Procura dei Minori di Roma indaga su alcuni compagni di classe indicati come responsabili degli atti di bullismo, mentre la Procura di Cassino concentra l’attenzione sugli adulti – insegnanti, personale, figure educative – che, in modi diversi, potrebbero aver contribuito a quel clima di emarginazione che ha soffocato il sorriso di Paolo.
Ora si attende che i procedimenti disciplinari e le indagini giudiziarie facciano piena luce. Ma per chi lo conosceva, per chi quella mattina di settembre ha trovato un banco vuoto e un silenzio che non si dimentica, una cosa è già certa: questa tragedia non doveva accadere. E nessuno potrà più dire di non sapere.


