Oggi a Piazzale Clodio si è svolta una manifestazione che non era soltanto un raduno, ma un atto di amore e di memoria collettiva per Federico Salvagni, il sedicenne di Latina morto tragicamente la notte di Ferragosto in un incidente stradale. La piazza, di solito simbolo di burocrazia e giustizia formale, si è trasformata in un luogo umano e vibrante, capace di raccogliere le voci e i cuori di decine di persone arrivate con un unico intento: ricordare Federico e chiedere che venga fatta giustizia. Non c’erano bandiere né slogan urlati, ma cartelli, striscioni bianchi e sguardi che parlavano più di mille parole. Il dolore dei familiari si è unito a quello degli amici e dei tanti che, pur non conoscendolo personalmente, hanno sentito il bisogno di esserci, perché la sua storia ha toccato corde profonde, quelle che parlano di una vita interrotta troppo presto, di una giovinezza spezzata nel momento in cui avrebbe dovuto soltanto sognare. Il padre di Federico ha preso la parola con voce rotta, lasciando che la sua emozione diventasse la voce di tutti: «Mio figlio non può più parlare, allora lo farò io con le mie azioni». Quelle parole hanno attraversato il silenzio con la forza di un grido che non accetta rassegnazione e che chiede alla giustizia di non voltarsi dall’altra parte.
L’atmosfera era densa, sospesa tra il dolore e la determinazione, tra la rabbia e la speranza, e ogni gesto, dal semplice stare fermi con un cartello in mano al guardarsi negli occhi senza bisogno di dire nulla, sembrava comporre un mosaico di memoria e resistenza. La manifestazione è coincisa con l’udienza del tribunale del Riesame per l’indagato, accusato di omicidio stradale e omissione di soccorso, e per questo la presenza a Piazzale Clodio aveva un valore simbolico fortissimo: non solo ricordare Federico, ma anche far sentire la voce di chi crede che la giustizia non debba mai essere tiepida, soprattutto quando si tratta di vite innocenti spezzate. È stata una mattinata intensa, dove il dolore privato di una famiglia si è fatto dolore pubblico, condiviso da una comunità che ha deciso di stringersi intorno a chi ha perso un figlio, un fratello, un amico, e di farlo non con la rassegnazione, ma con la richiesta chiara e ferma che chi ha provocato questa tragedia ne risponda fino in fondo. Piazzale Clodio si è così trasformato in un grande abbraccio collettivo, un luogo in cui il ricordo non è restato confinato nel passato, ma si è proiettato nel presente e nel futuro, perché la voce di Federico, attraverso chi lo ama e lo ricorda, continui a vivere e a chiedere ciò che gli è stato negato: la possibilità di crescere, di sognare, di vivere.



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