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Mondoreale > Blog > Speciali > Soft skill e competenze ibride: la carta vincente del consulente del lavoro
Speciali

Soft skill e competenze ibride: la carta vincente del consulente del lavoro

Ultimo aggiornamento: 29 Agosto 2025 10:44
Redazione Pubblicato 29 Agosto 2025
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«Le soft skill non sono solo un tema di formazione: sono il modo in cui si affrontano le sfide complesse», sottolinea la consulente del lavoro Sara Guarnacci, esempio della nuova figura capace di unire competenze tecniche e sensibilità umana

Nel panorama professionale attuale, attraversato da trasformazioni rapide e continue, le competenze tecniche non bastano più. L’automazione, la digitalizzazione dei processi e l’intelligenza artificiale stanno ridefinendo i ruoli all’interno delle organizzazioni, riducendo progressivamente lo spazio per quelle attività che possono essere replicate da un algoritmo. Ma c’è un ambito che la tecnologia non può sostituire: quello delle relazioni, dell’empatia, della capacità di leggere contesti e persone. Le cosiddette soft skill, ovvero le competenze trasversali, stanno assumendo un ruolo strategico. All’interno di questo scenario, la figura del consulente del lavoro sta cambiando pelle. Sempre meno ancorata esclusivamente alla dimensione normativa, amministrativa o contabile, si evolve in una funzione “ibrida”, capace di connettere dati, cultura organizzativa, dinamiche sociali e trasformazione digitale. Una figura che unisce rigore tecnico a sensibilità umana e che, in molti casi, diventa un vero e proprio punto di riferimento per imprenditori, manager e dipartimenti HR. Una delle professioniste che meglio incarna questa evoluzione è Sara Guarnacci, consulente del lavoro con una visione integrata della professione che opera a Latina. Da anni accompagna imprese nella gestione del cambiamento, nella progettazione di percorsi formativi e nella valorizzazione delle risorse umane, mettendo al centro proprio le competenze trasversali come leva di crescita.

Contents
Empatia, dati e branding: le nuove skill del professionista HRLa consulente come coach di transizione digitale e relazionale

Empatia, dati e branding: le nuove skill del professionista HR

Per comprendere il valore delle soft skill in azienda, occorre partire da un dato di fatto: molte delle competenze tecniche possono oggi essere automatizzate. Basti pensare ai software per l’elaborazione dei cedolini, alla gestione delle presenze o ai sistemi predittivi per il turnover. Tutti strumenti che, se ben progettati, riducono l’errore umano e ottimizzano i tempi. Tuttavia, ciò che questi strumenti non possono fare è motivare un team, risolvere un conflitto interno, creare fiducia o interpretare una crisi relazionale. Il consulente del lavoro, oggi, deve saper leggere i numeri e interpretarli nel contesto più ampio dell’organizzazione. La gestione delle risorse umane non può più essere solo tecnica: deve diventare anche strategica. E per farlo servono nuove competenze, come la capacità di ascolto attivo, la gestione delle emozioni, la sensibilità interculturale e la visione sistemica dei problemi.

Sara Guarnacci, professionista che da anni supporta le aziende in ambito consulenziale, ci ha raccontato che spesso le imprese pensano che la motivazione si possa ottenere con incentivi economici o benefit. In realtà, il vero engagement nasce dal sentirsi ascoltati, compresi, coinvolti. Il consulente del lavoro può agire come facilitatore di questo processo, aiutando le aziende a costruire relazioni autentiche con i propri collaboratori. La centralità delle relazioni nella vita d’impresa ha un risvolto diretto anche sul piano del branding. L’employer brandingnon è più solo una questione di comunicazione esterna: è il risultato coerente di come le persone si sentono trattate all’interno dell’azienda. In questo senso, chi si occupa di consulenza del lavoro può aiutare a progettare ambienti di lavoro che favoriscano benessere, inclusione e partecipazione.

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La consulente come coach di transizione digitale e relazionale

Un altro aspetto che sta emergendo con forza è il ruolo del consulente del lavoro come mediatore del cambiamento. Le imprese oggi devono affrontare sfide complesse: passaggi generazionali, riorganizzazioni interne, crisi di leadership, adozione di nuove tecnologie. In tutti questi contesti, la resistenza al cambiamento è uno dei principali ostacoli alla trasformazione. Sara Guarnacci spiega che uno dei suoi compiti principali, oggi, è valutare la readiness al cambiamento delle persone. In pratica, si tratta di capire quanto i team siano pronti ad affrontare nuove modalità di lavoro, quanta consapevolezza esista rispetto alle trasformazioni in corso, quali paure o bisogni emergano in fase di transizione. Attraverso attività come il coaching personalizzato, l’analisi del clima interno, l’organizzazione di workshop esperienziali o momenti di ascolto attivo, la consulenza si sposta dal piano formale a quello trasformativo. La consulente del lavoro diventa una figura di fiducia, capace di fare da ponte tra direzione e collaboratori, tra innovazione tecnologica e cultura aziendale. Questo tipo di approccio richiede un set di competenze che vanno ben oltre la conoscenza della normativa. Serve sensibilità psicologica, capacità comunicativa, orientamento al risultato, visione integrata. Non è un caso che oggi molte aziende richiedano consulenti con esperienze anche in ambito formativo, organizzativo o di coaching.

Sara Guarnacci osserva: “Le soft skill non sono solo un tema di formazione: sono il modo in cui si affrontano le sfide complesse. Un consulente che sa ascoltare, che costruisce fiducia e che accompagna il cambiamento è un alleato strategico per ogni impresa”. L’evoluzione della professione del consulente del lavoro è ormai un fatto consolidato. Non più solo tecnici del diritto del lavoro, ma partner a tutto tondo nel governo delle relazioni umane e dell’innovazione organizzativa. E Sara Guarnacci rappresenta un esempio di questa nuova figura professionale. La sua consulenza non si limita a fornire risposte tecniche, ma genera processi di crescita culturale, accompagnamento e cambiamento. In un mondo dove la tecnologia accelera, le relazioni rallentano e le sfide si moltiplicano, affidarsi a chi sa costruire ponti tra persone, dati e organizzazione può fare davvero la differenza. La carta vincente del futuro non è solo sapere cosa fare, ma saperlo fare insieme.

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