Un medico di famiglia scrive all’assessore regionale alla Sanità, Francesco Rocca: “Siamo il filtro del SSN, non i bersagli del malcontento sociale”
Nel Lazio, la sanità territoriale è in fermento. Il processo di attuazione delle Case di Comunità, previsto dal PNRR, sembra ancora arrancare. Eppure, il tema è entrato nella discussione pubblica in modo fin troppo brusco. “Apprendiamo dalla stampa – scrive un medico di famiglia in una lettera aperta all’assessore regionale alla Sanità Francesco Rocca – che per far decollare la riforma servirebbe ‘una pedata’. Ecco, siamo arrivati alle pedate ai medici.”
L’affondo è diretto. “È giusto rivedere la spesa pubblica e ottimizzare l’appropriatezza farmaceutica e diagnostica”, continua il Dottor Rea, “ma non si può affrontare una sfida generazionale come quella dell’invecchiamento della popolazione con aggressività verso chi, ogni giorno, rappresenta il primo presidio di sanità per il cittadino.”
Il riferimento è anche a un clima di crescente tensione tra istituzioni e operatori sanitari. “Non basta occupare simbolicamente gli ambulatori per ottenere i fondi del PNRR. Serve una reale collaborazione, onesta e trasparente, tra politica e professionisti della salute. Non possiamo permetterci un uso improprio di fondi europei, né sanitari né sociali.”
Il cuore del messaggio è un appello alla concretezza. “La vera ottimizzazione della spesa si ottiene gestendo bene le cronicità, con PDTA chiari, prevenzione attiva e screening. Vogliamo strumenti diagnostici che attendiamo dal 2019, incentivi per assumere collaboratori e infermieri, accesso a vaccini e test per prevenire gravi patologie. Non si può fare tutto da soli, ma siamo pronti a fare molto, se messi in condizione di lavorare.”
Sul piano simbolico e sociale, la denuncia si fa ancora più accorata. “Il medico, che durante il Covid è stato definito un eroe, oggi viene aggredito o delegittimato. Parole sbagliate dette in pubblico possono vanificare mesi di campagne contro la violenza al personale sanitario. In una società civile, non dovrebbe accadere.”
Infine, l’appello al futuro: “Assessore Rocca, creda nella medicina di famiglia. Apra al dialogo. Perché il clima di rancore allontana i giovani medici da questa professione. Non possiamo tappare tutto con colleghi tenuti in servizio fino ai 73 anni. Serve una visione. E serve adesso.”
Un grido d’allarme, ma anche una proposta di dialogo e ricostruzione, affinché la medicina territoriale non venga lasciata sola nel suo ruolo cruciale all’interno del Servizio Sanitario Nazionale.


