La cittadinanza onoraria a Benito Mussolini era rimasta lì, come in molti altri comuni italiani, a testimoniare una stagione in cui gli enti locali cercavano legittimazione attraverso l’omaggio al potere centrale. A Nettuno era stata conferita nel 1923, in piena affermazione del regime fascista. Nessuno l’aveva mai revocata, fino a oggi.
Il 21 maggio il consiglio comunale ha approvato la revoca con 14 voti favorevoli. Dieci i consiglieri assenti. La proposta è arrivata dalla lista civica Patto per Nettuno, su sollecitazione dell’Anpi locale.
Non è la prima revoca del genere e non sarà l’ultima. Ma in una fase in cui anche i simboli generano contrapposizione, questo passaggio amministrativo ha assunto una valenza più ampia.
Il sindaco Nicola Burrini ha parlato di coerenza con la storia della città. «Nettuno è medaglia d’oro al valore civile – ha dichiarato – e non può permettersi ambiguità». Ha poi criticato alcune assenze tra i consiglieri, facendo riferimento a partecipazioni pubbliche in cui si metteva in discussione l’antifascismo come valore fondante.
Burrini ha anche ricordato le iniziative promosse il 25 aprile, tra cui l’intitolazione di una targa a Piero Calamandrei e una serie di eventi sui diritti civili. Una linea che, nelle intenzioni dell’amministrazione, punta a mantenere chiara la posizione sui temi della memoria e della storia democratica.
L’Anpi di Anzio-Nettuno ha espresso soddisfazione per il risultato, ma ha anche criticato l’assenza di parte del consiglio: «Chi diserta senza motivare – si legge nella nota – alimenta un clima di disimpegno civile».
Sulla stessa linea la Rete No Bavaglio, che ha definito la revoca «un atto necessario e coerente con i valori costituzionali».
Diversa la posizione di Fratelli d’Italia, che ha definito l’iniziativa «un atto ipocrita» e criticato l’intervento del sindaco, accusato di impartire «lezioni morali». I consiglieri Paolo Gatti e Alessandra D’Angeli hanno inoltre sottolineato che senza il contributo di Patto per Nettuno, la maggioranza da sola non avrebbe avuto i numeri per approvare la delibera.
La cittadinanza a Mussolini era un retaggio formale di un’altra epoca. La sua rimozione non cambia il corso della storia, né lo riscrive. Ma solleva una questione più ampia: come gestire oggi i simboli ereditati da un passato che divide, in un presente che fatica a produrre memoria condivisa?


