La comicità, letteralmente la capacità di provocare il riso, è una costante nella storia dell’uomo e, in termini patriottici, la tradizione italiana dal 900′ ad oggi è ricca di storie e spettacoli ad alto tasso di umorismo. Negli ultimi anni però, prendendo spunto d’oltreoceano, si è sviluppata una nuova forma di spettacolo senza la cosiddetta quarta parete: la stand up comedy. A spiegarla ai microfoni di Mondore@le è stato Pippo Ricciardi: comico poliedrico che, in un mondo che ci impone di essere computer, ha scelto di essere una stampante.
La comicità, nei termini romantici del comico andriese: “È un’altra lente sotto cui vedere la realtà perché non esiste oggettività nella vita del singolo. Forse, il Dio della poesia ha voluto donare ai comici un’altra forma di poesia“. La stand up si configura come una forma di spettacolo a cui il pubblico italiano si sta pian piano abituando. Definirla non è così facile, è un mix di emozioni che vanno vissute senza pregiudizi come fosse una normale serata di cabaret a cui andare pronti a ridere e per ridere. “Il pubblico non deve aspettarsi una performance teatrale ma una serata conviviale in cui si vive insieme la risata, un po’ come mangiare insieme”.
Spesso i temi trattati risultano scomodi o vengono percepiti come tabù inviolabili. “Superare quel metaforico confine– per Pippo Ricciardi– serve a superare il male che abbiamo dentro. Si pensi al classico esempio della suocera nel cabaret. Un argomento che si può trattare anche nella stand up. Ma il punto è come affrontarlo anche in una prospettiva più interessante“. In Italia la stand up segna una frattura generazionale dalla comicità base televisiva non limitandosi ad indicare semplicemente le cose ma guardandole in maniera alternativa.
Dal 2013 Pippo Ricciardi diventa un volto noto nel mondo della comicità italiana, dalla partecipazione a “Tu si que vales“ a “LOL Talent Show” ultimamente. L’esperienza professionale nasce con una compagnia di improvvisazione durata 5 anni, prima di sbarcare nel mondo della stand up nel 2016 con un bagaglio di studi importante perché, a detta sua: “Qualsiasi cosa studi, se la studi davvero, entra a far parte di te”.
Il disagio è il fulcro ottimale dei suoi pezzi che cercano di fonderlo con la risata: “La parte difficile è essere tranquillo con il disagio perché, con una storica gavetta alle spalle, è una sfumatura pop che anche nel peggior open mic d’Italia aiuta a instaurare con il pubblico un legame speciale. Come a dire: sono qui a soffrire con voi! È un sentimento quotidiano che va esorcizzato perché, banalmente, nessuno è a proprio agio h24″.
L’ultima esperienza del comico è stata a “LOL talent show”. Un viaggio fatto di umanità perché non è solo il Mago Forest e i 4 giudici in copertina a lasciare ricordi ma anche le singole storie dietro le quinte. Rispetto al 2017 di “Tu si que vales“, con una maturità diversa, ha calcato il palco vivendo il momento, non pensando alla competizione ma al giocare insieme con altri comici di altrettanto spessore. A conclusione del variegato tour italiano (di cui tra le ultime tappe anche il “Sottoscala 9” di Latina,) i progetti per il futuro “bollono già in pentola”. Con sicurezza continuerà il suo attuale format di recensioni e magari lo vedremo in altre vesti. Altri show, podcast e contenuti arriveranno presto, ma ancora non è il momento di anticiparli.


