Impegno e lavoro sul campo da oltre 38 anni quello del centro “Donna Lilith” con 3 centri antiviolenza sul territorio (Aprilia, Latina e Priverno e la casa rifugio Emily) per ascoltare, e non giudicare, le dolorose storie di cui si fanno carico le donne. Il bilancio con i dati del 2023, illustrato in una conferenza stampa nella giornata di ieri dalla presidente del centro Francesca Innocenti, Valeria La Valle responsabile della Casa di Rifugio Emily, Irene Fucsia responsabile del Cav di Latina, Chiara Sanseverino del Cav di Priverno e Daniela Truppo responsabile del Cav “Donne al Centro” di Aprilia, mette in evidenza la necessità di una rete territoriale più forte nel sud pontino. Si tratta di un’area vasta ma senza un Centro antiviolenza e Case rifugio per offrire alle donne una nuova vita, costruendo spazi sicuri e relazioni di protezione.
Sono 311 le donne che nel 2023 si sono rivolte ai tre centri, collegati al numero verde 1522, che hanno chiesto informazioni o un appuntamento o inviate direttamente dai partner di rete territoriali come servizi sociali, Asl, o forze dell’ordine. Sono 258 i percorsi di fuoriuscita dalla violenza intrapresi. Di questi casi 88 provenivano da Latina e a seguire in prevalenza da Sabaudia con un bacino di utenza non sempre del distretto sociosanitario di appartenenza ma variegato come nei centri di Latina e Priverno che hanno accolto anche persone del sud pontino e quello di Aprilia un’utenza dell’area romana. Nella Casa di Rifugio Emily sono stati accolti 8 nuclei e di questi 6 erano madri con uno o più figli. Dato negativo i 45 i contatti in emergenza non andati a buon fine, per raggiunta capienza e per mancata presa in carico da parte del Comune di appartenenza che non vogliono sostenere le rette di degenza.
Per Francesca Innocenti è fondamentale stare vicini alle donne, con il sud pontino che deve essere la prossima area da coprire. La presidente del centro ha spiegato anche che la violenza sulle donne è in costante aumento dal 2020, con le vittime (la maggior parte under 40) che spesso non hanno un’autonomia economica e ciò facilita i meccanismi di dipendenza. Affrontare questo tipo di percorso è difficile e doloroso, e una donna che arriva in questi centri, consapevole di mettere in discussione la sua vita, va accolta con la formazione adeguata.




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