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Cultura & Eventi

LATINA, “Una compagnia di pazzi”: lo spettacolo che sostituisce “Che disastro di Peter Pan”

Ultimo aggiornamento: 24 Gennaio 2024 18:21
Redazione Pubblicato 24 Gennaio 2024
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Per sopraggiunti problemi tecnici, lo spettacolo “Che disastro di Peter Pan” sarà sostituito da “Una compagnia di pazzi”, una commedia scritta e diretta da Antonio Grosso, mantenendo la stessa data il 12 aprile ore 21, al Teatro D’Annunzio nell’ambito della stagione a cura del Comune di Latina e ATCL, circuito multidisciplinare del Lazio, sostenuto da MIC Ministero della Cultura e Regione Lazio. I biglietti acquistati per “Che disastro di Peter Pan”, rimangono validi per lo spettacolo “Una compagnia di pazzi”. Coloro che hanno acquistato il biglietto e desiderano essere rimborsati possono richiedere il rimborso entro il 30 marzo 2024, nelle seguenti modalità: se acquistato su ticketone.it, direttamente sul sito secondo la modalità indicata; se acquistato al Teatro D’Annunzio, consegnando il biglietto in botteghino nei giorni e orari di apertura: giovedì e venerdì ore 16-19; sabato ore 10-13 e 16-19.

Dopo il successo di “Minchia signor tenente“, con oltre 500 repliche in tutta Italia, “Una compagnia di pazzi” è
la nuova commedia di Antonio Grosso anche in scena con Antonello Pascale, Francesco Nannarelli, Gioele Rotini, Gaspare di Stefano e Natale Russo. Un inno alla dignità umana, ambientato in un manicomio, una
sorta di microcosmo salvifico dove vive questa “compagnia” di anticonformisti, anticonvenzionali, rappresentanti di una libertà perduta mentre fuori imperversa una guerra disumanizzante. 1945 fine Seconda Guerra Mondiale, due infermieri gestiscono un manicomio con soli 3 pazzi, alle pendici di un paesino ai confini con la Campania e la Basilicata. La guerra si svolge nelle vicinanze, ma in questo manicomio, nulla succede, queste cinque persone vivono la loro vita, come se intorno non fosse successo nulla, gli infermieri non si comportano da infermieri, ma con il loro pazienti c’è una confidenza come se
convivessero tutti sotto lo stesso tetto.

È un manicomio quasi dismesso, dove sono rimasti soltanto Umberto taciturno e sempre incazzato, un cantante rinchiuso dal regime fascista perché troppo vicino ad ambienti comunisti, Federico un uomo di 60 anni non parla quasi mai, dice soltanto poche parole e quasi incomprensibili, rinchiuso in manicomio perché omicida di un gerarca fascista, e Benni un ragazzo che vive da anni in ospedali e manicomi psichiatrici, abbandonato sin dalla nascita, logorroico e fissato con la pulizia. Insomma, c’è armonia, anche se quest’armonia viene interrotta, una settimana al mese, dal direttore del manicomio, un uomo molto severo, cinico che sfiora momenti di “malvagità”. Ovviamente gli infermieri cercano spesso di fare da “muro” a questi atteggiamenti ostili, ma senza nessun tipo di risultato. Un giorno viene scoperta, da uno dei “pazzi”, una cassaforte nell’ufficio del direttore, da qui i nostri protagonisti, pensando che ci sia del denaro o pietre preziose, escogiteranno un piano per aprire la cassaforte, scappare con il bottino e conquistare una libertà meritata. Una grande prova d’attore per uno spettacolo dolce-amaro che tratta il tema della libertà come diritto inalienabile per l’essere umano e non concessione, con la solita ironia che caratterizza oramai da anni i testi di Antonio Grosso.

 

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