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MondoCultur@le

DECISION TO LEAVE, o dell’amore che annienta ogni cosa

Ultimo aggiornamento: 11 Febbraio 2023 16:06
Stefano Colagiovanni Pubblicato 11 Febbraio 2023
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DECISION TO LEAVE

Regia: Park Chan-Wook
Genere: Thriller, melò
Interpreti: Tang Wei (Song Seo-rae), Park Hae-il (Jang Hae-joon), Lee Jung-hyun (Ahn Jeong-an), Go Kyung-pyo (Oh Soo-wan), Park Yong-woo (Im Ho-shin), Kim Shin-young (Yeo Yeon-soo), Jung Yi-seo (Yoo Mi-ji), Jun Young-sook, (nonna)
Paese/Anno: Corea del Sud/2022
Durata: 138′
Dove vederlo: al cinema dal 2 febbraio

Contents
DECISION TO LEAVE9,5/10

 

 

9,5/10

 

 

Dopo aver vinto il premio per la miglior regia allo scorso Festival di Cannes, Decision to leave, nuovo film del regista sudcoreano Park Chan-Wook fa finalmente capolino nelle sale – perché non sono mai molte, soprattutto questa volta, le sale in cui è stato distribuito in tutta Italia e perché, purtroppo, non sta ricevendo quel calore che il pubblico dovrebbe quasi devotamente riservargli. Ma è inutile girarci intorno: Decision to leave è un film semplicemente straordinario.

Park Chan-Wook, regista abituato a trattare sia con la detection, che con i melodrammi, mette in scena una storia d’amore impossibile, che sembra quasi un sortilegio, impiantata e a far da cornice a un’istantanea famigliare – la relazione del detective Hae-Jun con sua moglie -, nella quale predominano il rigore, un fin troppo formale “rispetto dei ruoli” e assoluta mancanza di vitalità – se si pensa che i due si ripromettono addirittura di fare l’amore almeno una volta a settimana, indipendentemente dalle rispettive condizioni umorali… Quel monotono copione viene lacerato dalle mani ruvide e dallo sguardo ammaliante di Seo-Rae, vedova per la morte (non) accidentale del marito, franato dalla montagna su cui si era arrampicato. Questo è solo un accenno di trama, indispensabile per analizzare un po’ più da vicino l’opera di Park. Così, il regista di Oldboy intreccia con sottile e sofisticata accuratezza un confronto in crescendo tra i due protagonisti, costruito su sibillini campi e controcampi, affidandosi a un montaggio tagliente e a suo modo sperimentale – sicuramente audace -, con l’obiettivo di inspessire al contempo sia il racconto di detection, sia l’afflato sentimentale dell’intreccio: lo spostamento spaziale della figura di Hae-Jun all’interno di spazi chiusi da lui stesso osservati e controllati amplifica la catarsi e si rivela uno stratagemma sensazionale, affinchè il detective possa “condividere” con lo spettatore tutti i propri turbamenti; parallelamente, Park Chan-Wook infetta il girato e la mente del protagonista con l’ossessione liquida dei dispositivi digitali – che si tratti di una registrazione vocale, di semplici messaggi istantanei o riprese in video -, strumenti diventati indispensabili per riflettere e centuplicare lo sguardo, mai dispersivo, dell’autore, dei personaggi stessi e, chiaramente, dello spettatore. Tutto converge verso un maelstrom di dubbi e mezze verità; Decision to leave è un thriller à la Hitchcock in piena era digitale, un dolcissimo incubo a occhi aperti, destinato a essere ricordato per molto tempo, una volta sopravvissuti al buio della sala (e dell’amore).

In una continua ricerca di sguardi e dettagli rivelatori, tra sublimi e infuocati desideri trattenuti, Decision to leave è un film sensoriale, che provoca lo sguardo con una delicatezza e una raffinatezza ai limiti dell’autolesionismo emotivo. La relazione impossibile tra Hae-Jun e Seo-Rae è un risveglio da una quotidianità asfissiante, seppur apparentemente serena; è un atto rivoluzionario verso se stessi; è la manifestazione sregolata della potenza incendiaria dell’amore. Park Chan-Wook ne è ben consapevole e inscena un romanzo sentimentalmente folle, scuotendo una volta in più gli schemi del thriller, fin quando allo spettatore non interesserà più lo svelamento degli omicidi, ma la risoluzione finale del melò tessuto tra Hae-Jun e Seo-Rae. Per Park Chan-Wook i sentimenti posseggono la forza dirompente di una mareggiata; è tutto un gioco di vertigini – della tensione hitchcockiana, sprigionata soprattutto dalle occhiate feline della meravigliosa Tang Wei; della penetrante potenza dello sguardo che fa eco al cinema di De Palma. Fino al finale irresistibile, a suo modo lirico: nel momento in cui la fatale Seo-Rae riuscirà a possedere il cuore del suo amato detective e il detective non potrà far altro che annegare nella marea montante dell’amore in cui è sprofondato, riemerso e, infine, perdutosi per sempre. Come tutti noi, inevitabilmente.

Stefano Colagiovanni

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