“È da molto, troppo, tempo che provo estrema difficoltà nel continuare a sentire un’appartenenza a questo circolo del PD”.
Esordisce così in una lettera aperta destinata alla sezione setina del Partito Democratico, Cinzia Ricci, storica esponente degli organi dirigenziali del partito che nella lunga nota inviata al nostro giornale ha espresso senza mezzi termini tutte le sue perplessità circa i metodi messi in atto da chi muove le fila della locale sezione, un modus operandi a suo avviso “anti-democratico” dal quale la stessa Ricci intende prendere le distanze.
“Un circolo povero di contenuti e di idee – prosegue la lettera – Un circolo che non ripaga con coerenza chi per anni ha svolto con estrema umiltà attivismo e militanza. Un circolo mosso esclusivamente da tatticismo e strategie personali. Un partito negli ultimi anni chiamato a scegliere tra personaggetti che fanno a gara a chi propone le promesse più grosse e credibili al tempo stesso, a suon di accuse di incompetenza. Di politica in questo circolo non c’è traccia e, tanto meno, di politica democratica. La democrazia all interno di un partito non si riduce a questi elementi: la democrazia non si riduce al volere della maggioranza. Non ha ragione chi vince, ma chi, attraverso il confronto, sarà riuscito ad esprimere le migliori argomentazioni. Se le argomentazioni non vengono messe in campo, allora non ci sarà stata vittoria di nessuno. Ci sarà qualcuno che governa, ma con una legittimità povera. La povertà della legittimazione è quel che caratterizza le democrazie fittizie”
Un duro attacco quello che leggiamo in questi passaggi. Ad animare il dibattito è stata probabilmente anche la scelta adoperata dalla nuova segreteria del partito di escludere dalle cariche dirigenziali diversi esponenti che si erano mostrati critici nei confronti dei metodi messi in atto dal partito locale negli ultimi anni, una scelta che evidentemente non è andata giù a Ricci.
“Lo sviluppo delle argomentazioni produce infatti una consapevolezza trasversale, un aumento del senso democratico della propria comunità, un’unità di scopi nell’accettazione delle differenze che vanno messe alla prova, dell’argomentazione prima, dei fatti poi – chiarisce ancora l’ex esponente Dem – La politica, come la vita, è un esperimento. Le prospettive di partecipazione dialettica ancora mancano. Il confronto sembra volatilizzato e quel che resta è uno sterile scontro. Seguito il più delle volte da una becera polemica. Faremo del bene al paese quando attaccheremo meno e ascolteremo di più; quando non parleremo di numeri (riflessi speculari di individualismo e stretegie) ma di persone e di idee; quando, mentre invocheremo un diritto, sottolineeremo un nostro dovere. Quando mostreremo agli altri, con l’esempio, ciò che ci aspetteremmo da loro, come vorremmo veramente il bene comune del paese. La dialettica politica si è svuotata di verità diventando voce per incattiviti e abbrutiti. Non nascondo una profonda delusione carica di incertezza ed amerezza per il futuro di questo circolo.
Per noi, i militanti, portatori di liberi pensieri, attivisti “seri”, chiamati a ricoprire ruoli pubblici od istituzionali, oppure attivisti nelle file del partito, il principio dell’assunzione di responsabilità politica è doveroso e dovuto – ha spiegato ancora – Per questo e per altri mille motivi, mai discussi mai affrontati e confrontati, credo che sia arrivato il momento di dire no. Io non ci sto. Sospendo la tessera con la morte nel cuore – conclude decisa, Cinzia Ricci – ma questo PD non parlerà a mio nome”.




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