Momenti di grande paura ieri mattina a Latina per un giovane straniero che ha rischiato di annegare nel tratto al largo della marina del capoluogo pontino, salvato da una donna di Sezze impegnata in una passeggiata in Sup (Stand Up Paddle), lo sport tra surf e canoa di cui è appassionata. E’ la stessa donna, Barbara Di Lorenzo, a raccontare i fatti: “Stavo pagaiando lentamente avvolta nella pace che dà la solitudine del mare aperto quando, al di là del cordone di scogli, ho sentito i primi schiamazzi. La tavola avanzava e vedevo tre ragazzi neri che si agitavano nell’acqua. In molti – ha spiegato Barbara – li stavamo osservando e credo che in molti abbiamo pensato che si stessero divertendo in modo rumoroso. Due di loro, agitandosi ancora di più, mi hanno chiamato pronunciando frasi che non comprendevo, tranne quei continui “ehi”. Sembravano allegri ed ho pensato che la loro fosse una eccessiva manifestazione di gioia, che volessero, forse, provare il sup. Non sapevo cosa altro pensare e così ho proseguito incurante, ma gli schiamazzi non si placavano. Anche un ragazzo sugli scogli li stava osservando e anche lui sicuramente avrà pensato che il loro fosse un eccesso di gioia”.
Un “ehi” più carico, quasi di paura, però, ha convinto la donna, insegnante nella vita, a tornare a voltarsi e ad accorgersi che due ragazzi del gruppo continuavano ad agitarsi rivolgendo i loro sguardi, stavolta, verso la riva, mentre il terzo restava in acqua a giocare all’affogato: “Ho girato la tavola ancora incerta e mi sono diretta timidamente verso il ragazzo ormai rimasto solo che, a tratti, spariva nell’acqua. Una signora mi ha urlato di sbrigarmi perché lo stesso chiedeva aiuto da un pezzo mentre lei non sapeva nuotare. Ho pagaiato più velocemente con la brutta sensazione di non riuscire a raggiungerlo. Finalmente gli sono arrivata accanto e, ancora incredula, gli ho chiesto “Tutto bene? Hai bisogno di aiuto?”. Ha tossito ancora ed è sparito nuovamente nell’acqua. Riemerso, gli ho detto di afferrare il mio braccio, mi ha sorriso con la poca forza che gli restava. “Attaccati alla tavola, non ti agitare, pensa solo a respirare, ti porto a riva”. Ho pagaiato con difficoltà poi ho notato che allentava la presa. L’ho afferrato per non lasciarlo andare, non aveva più forze e non riusciva a respirare. Ho urlato e ho chiesto aiuto, ottenendolo da un ragazzo che è arrivato a nbuoto, ha preso la pagaia e ci ha portato verso riva”.
Il giovane, però, stava diventando sempre più pesante, stava mollando e, come spiegato dalla stessa Barbara, al soccorritore è stato chiesto quando la profondità diminuiva e si toccava: “Sono scesa dalla tavola, in due lo abbiamo sostenuto, mentre continuava a tossire. Era piegato su se stesso, senza forze, ha avuto anche un attimo di cedimento. La mia spalla è rimasta bloccata sotto la sua ascella, ma in questo modo sono riuscita a sostenere meglio quel carico quasi a peso morto. Penso sia stato bravissimo ad attaccarsi alla tavola, senza troppo agitarsi. Forse saremmo annegati in due”. Fortunatamente così non è stato e la stessa Barbara racconta il lieto fine: “Arriviamo finalmente sulla battigia, si accascia ma riprende a respirare. È salvo. Riprende anche a parlare, nella sua lingua, con i suoi amici. Chiede loro chi sono, mi guarda e sottovoce mi dice “Grazie”. Posso, ora, proseguire la mia passeggiata in sup, ma affollata di pensieri. Per il miracolo della vita occorrono nove mesi, per morire una becera scusa…e le cose non sono mai come sembrano: quella montagna nera sembrava giocasse, invece stava morendo”.




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