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Lettura: SEZZE, a difesa dei bambini: l’importanza del dialogo contro la quarantena
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Mondoreale > Blog > Cronaca > Covid-19 > SEZZE, a difesa dei bambini: l’importanza del dialogo contro la quarantena
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SEZZE, a difesa dei bambini: l’importanza del dialogo contro la quarantena

Ultimo aggiornamento: 2 Aprile 2020 1:38
Simone Di Giulio Pubblicato 24 Marzo 2020
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Questo periodo di quarantena necessaria per contrastare l’epidemia da Covid-19 sta richiedendo a tutti noi sacrifici non indifferenti. Restare chiusi in casa non è semplice per nessuno, soprattutto se abituati ai ritmi frenetici e alle esigenze di vita quotidiana che contraddistinguono la società ipercinetica in cui viviamo. Figurarsi per i più piccoli; i bambini, che guardano il mondo esterno con innocenza e curiosità sono i più soggetti a dubbi, timori e incomprensioni, se costretti a rimanere in casa per lungo tempo, nella nebulosa percezione di un pericolo vacuo, che non sono in grado di comprendere e comparare. La dottoressa Liliana Salvati, psicologa e psicoterapeuta cognitivo-comportamentale si è soffermata sull’argomento, suggerendo alcuni comportamenti da seguire per gestire al meglio le ansie e le difficoltà dei più piccoli: «Siamo costantemente alla ricerca di informazioni per conoscere tutti gli sviluppi di questa triste situazione, ma la condivisione di informazioni sensibili può essere chiaramente controproducente per i più piccoli, che non riescono chiaramente a filtrare le notizie come fanno gli adulti, dato che non posseggono quegli strumenti cognitivi sufficienti per veicolare l’informazione; ecco perché sconsiglio di seguire i notiziari in presenza di bambini, così come diventa necessario tenerli a distanza dai numerosi talk-show in cui non si parla altro che di decessi o si mostrano video di ospedali affollati, in modo da non attirare su di loro paura o ansia. Così come è importante evitare il più possibile di trasmettere i nostri timori o apparire spaventati davanti ai loro occhi, perché ogni bambino che vede un genitore piangere o essere assalito dalla paura, finirà inevitabilmente ad averne a sua volta. Parliamo con i nostri figli, confrontiamoci con loro e rispondiamo a tutte le loro domande, cercando di raccontare loro la verità, utilizzando un tono di voce confortante, così da evitare il sorgere di dubbi o timori persistenti. Per i bambini che già frequentano la scuola, è importante mantenere un contatto costante con i propri insegnanti e i compagni di classe, attraverso le varie piattaforme social; questo contribuisce a mantenere saldo un modello scolastico abituale, familiare, oltre a sollecitarne i consueti processi psichici già comprovati quotidianamente in classe. Grazie a questa quarantena, si ha tempo e modo per offrire ai nostri figli diverse distrazioni: in questa maniera riusciremo a tenerli occupati, lontano da pensieri opprimenti, stimolandone la creatività grazie alla lettura, al disegno, praticando ogni genere di attività piacevole in casa, stando ben attenti a non creare caos con gli orari, perchè il rispetto delle tempistiche nell’arco di una quotidianità anche limitata permette ai più piccoli di rafforzare schemi mentali che ne allenano la concentrazione. Nel caso in cui un fratello o una sorella presenti reazioni più gravi dell’altro, ricorriamo al dialogo, alla comprensione, rassicurando il bambino, in modo tale da scongiurare che queste preoccupazioni vengano manifestate anche dal fratello o la sorella meno ansiosi. Occorre prestare molta attenzione ai bambini e ai ragazzi già affetti da condizioni di difficoltà oggettiva, meno inclini a comprendere una situazione tanto complessa e delicata: è necessario cercare di mantenere il più possibile rapporti con i professionisti, certamente nei limiti e anche a distanza, che già abitualmente si prendono cura di loro, seguendoli in ogni attività. Nel loro caso è ancor più importante trasmettere una condizione di serenità e tentare di spiegare, nel caso in cui ce ne fosse bisogno, i motivi di una perdurante necessità di rimanere in casa per un tempo così lungo, di certo inusuale anche per chi soffre di disturbi cognitivi o altre defezioni. Anche se dipende da caso a caso, una quarantena vissuta con maggiore serenità e condivisione emotiva incide sia nell’immediato, che in previsione futura, perché come non sarà semplice per noi adulti tornare a familiarizzare con una quotidianità ripristinata, tantomeno lo sarà per chi, come i nostri figli, vede e vive il mondo esterno con innocenza e spensieratezza». Da casa, in ospedale, il lavoro di chi deve relazionarsi con la salvaguardia psicologica e psichica di pazienti e operatori sanitari necessita cure senza sosta. Come nel caso di un giovane educatore ora a Milano, impegnato senza sosta in una nota struttura ospedaliera del comune lombardo: «Da molti anni lavoro come operatore psichiatrico per una grande azienda ospedaliera dell’interland milanese, perciò faccio anche parte, seppur con un ruolo lievemente più tutelato, di quelle persone che per necessità lavorativa devono mettersi tutti i giorni a rischio e vivo tutte quelle paure che ogni operatore sanitario si trova a provare, ma questo è il mio ruolo e devo ottemperare alle mie responsabilità professionali e umane. Nulla è più lo stesso: le nostre unità operative sono diventate vere e proprie zone rosse, dove medici e infermieri, ormai allo stremo delle forze, si battono per tutelare la vita di tutti noi. I dispositivi di protezione individuale sono veramente pochi e spesso inadeguati. La paura dilaga e tanti colleghi e pazienti sono risultati positivi al tampone, dunque anche sotto il punto di vista forza lavoro siamo veramente sempre più sforniti. Da milanese costretto a compiere la propria attività lavorativa, noto una città ancor troppo piena di gente che a vario titolo e con varie scuse si muove impunita, mettendo a repentaglio la propria e la nostra vita e questo mi fa molto riflettere sulla nostra italianità e sulla superficialità con la quale sappiamo compiere il nostro dovere, un dovere che in questo momento trova il proprio compimento nel restare a casa. Gli operatori del comparto sanità non hanno paura solo per se stessi, ma principalmente sentono la responsabilità verso i propri affetti; siamo costretti a mantenere delle distanze di sicurezza ancor maggiori rispetto a chi non lavora in questo ambito e spesso queste distanze si concretizzano in vere e proprie divisioni abitative con risvolti affettivi di vera deprivazione. Una delle provincie più colpite è Bergamo: mi interfaccio spesso con colleghi che ogni giorno lavorano in quelle zone e li sento ancor più stremati di noi e non da un punto di vista prettamente fisico, ma piuttosto psicologico e questo fa presagire su quanto intere famiglie avranno un grande bisogno di sostegno emotivo per tornare a una relativa normalità. Spesso tra gli amici che sento a distanza, mi vengono chieste chieste delucidazioni su probabili sintomatologie che durante lo scorrere dei giorni credono di accusare; questo perché la psicosi, che spesso risulta figlia della paura, inizia a diventare veramente pandemica anch’essa. Una volta che si potrà tornare a una situazione di apparente normalità, credo che non saremo più gli stessi: forse saremo migliori di prima, ma comunque cambiati nel profondo come nazione». Gli aiuti e il sostegno di esperti del settore giungono anche dal web. Come nel caso di Amanda McGuinness, creatrice del sito “The autism educator”, che ha creato un “coronavirus social story”gratuito, per aiutare ad alleviare le paure e l’ansia che molti bambini potrebbero provare in questo momento. Le social stories sono state sviluppate dall’educatrice Carol Grey nel 1990 e sono presentate come “brevi descrizioni di una particolare situazione, evento o attività, che includono informazioni specifiche su cosa aspettarsi da quella situazione e perché”. Sono uno strumento di apprendimento sociale basato sull’evidenza per le persone di tutte le età nello spettro autistico. Sono utili per i genitori, che possono usarle per iniziare una conversazione confortevole con i propri figli per ridurre l’ansia e aumentare la comprensione del loro mondo. Sono realizzate in un formato pagina per pagina, in modo che i genitori possano includere o escludere qualsiasi informazione ritengano importante per la loro famiglia. Perché anche – e soprattutto – in situazioni tanto delicate, il miglior approccio dipende sempre dal dialogo.

Maria Giuseppina Campagna
Stefano Colagiovanni

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