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Mondoreale > Blog > Sport > Alpinismo, ad un passo dalla vetta Nardi sceglie la vita
Sport

Alpinismo, ad un passo dalla vetta Nardi sceglie la vita

Ultimo aggiornamento: 4 Aprile 2015 21:34
Simone Di Giulio Pubblicato 31 Marzo 2015
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Ad un soffio dal mito ma già dentro la storia dell’alpinismo mondiale. I più alti di tutti ed i più vicini alla vetta del Nanga Parbat in pieno inverno. Alex Txikon, Daniele Nardi e Ali Sadpara toccano i 7830m sul Nanga Parbat. “Anni fa scelsi di fare l’alpinista, feci una scelta verso la vita. Per me scalare le montagne vuol dire conoscermi e conoscere la vita. La responsabilità nei confronti di Ali ha superato di gran lunga qualsiasi cieco desiderio di vetta. E’ per questo che siamo scesi. Fossimo stati anche ad un solo passo dalla vetta la Vita è sempre più importante di qualsiasi altra cosa”. E’ con queste parole che Daniele Nardi esordisce scendendo dall’aereo a Fiumicino aeroporto. Ci investe facendoci sentire il suo dolore per non aver raggiunto una vetta, agognata da 30 spedizioni nella storia alpinistica e da lui stesso per ben 3 volte di fila. Tre intensi anni di vita dedicati ad un solo unico progetto, il Nanga Parbat in pieno inverno. Una dedizione ed un impegno che avrebbero potuto acciecare chiunque alla ricerca spasmodica ad ogni costo della vetta. Ma non lui, difensore dei diritti umani, ha messo al primo posto la vita. ”Il gruppo costituitosi per caso – prosegue Nardi – ha lavorato insieme ed unito in maniera incredibile e coraggiosa. Nessuno di noi ha avuto il dubbio sul fatto che in vetta o tutti o nessuno. Un concetto che è sempre più difficile trovare ma, alla nostra squadra, è venuto spontaneo. Il senso di responsabilità ha prevalso su ogni altra cosa. Non era pensabile lasciare Ali da solo nella discesa con le difficoltà che aveva in quel momento. Io sono strafelice del risultato ottenuto. Il dolore per aver mancato la vetta passerà presto per lasciar spazio ad altri progetti. Mi piace pensare a quello che abbiamo fatto e non a quello che è mancato. Abbiamo la Vita salva. Alì è in fase di recupero: il principio di edema è risolto ed il congelamento riportato fino alla seconda falange dell’alluce non è grave; ad Alex si è riacceso un vecchio congelamento ma niente di serio; io ho perso molto peso che conto di recuperare velocemente. Questo per me è un grandissimo successo, un’esperienza densa e piena di avvenimenti. Abbiamo lottato nel tentativo alla vetta: 10 ore per arrivare a campo1 tracciando nella neve alta; seconda giornata dedicata a batter la traccia verso campo 2 (il rischio di valanghe era molto alto a causa delle copiose nevicate); terza giornata altre 10 ore per arrivare a C2; quarto giorno arriviamo a C3 sempre accompagnati dal forte vento che durante le notti non ci ha lasciati dormire. Finalmente il quinto giorno arriva il bel tempo che ci permette di arrivare a campo 4. Il sesto giorno dopo aver scalato per circa 5 ore al buio, il dubbio di non esser sulla strada giusta è scoraggiante (in realtà, verificando le foto del percorso fatto, non eravamo così fuori strada)e il principio di edema che ha colpito Ali fa sfumare il nostro sogno di raggiungere la vetta. Abbiamo cercato di dare il massimo e questa è la soddisfazione più bella”. Una nota sul tentativo allo sperone Mummery: “Questa è la squadra che avevo sognato ed organizzato per il tentativo di salita attraverso lo sperone Mummery. Pur rimanendo da solo dopo la scelta di Elisabeth Revol di proseguire con Tomek Mackiewitz e successivamente le condizioni fisiche di Roberto Delle Monache che lo costringono al campo base, ho deciso di continuare con la scalata dello sperone Mummery in solitaria. Sono salito più volte sullo sperone fissando i campi fino al campo 3 di 5600m. Da qui ho affrontato la parte tecnicamente più impegnativa raggiungendo una quota di 6200m. L’uscita dello sperone sul plateu sommitale è ad una quota di 6650m. L’esperienza solitaria più bella della mia vita. So che al momento siamo tutti concentrati sui quei metri che mancavano alla vetta passando per la Via Kinshofer, ma vi garantisco che sullo sperone Mummery c’è una storia bellissima da raccontare. Un tentativo solitario che quest’anno si ferma a 6200m solo perché una valanga aveva distrutto il campo 3 poco più in basso. Ma questa storia preferisco raccontarvela attraverso le immagini che la SD Cinematografica metterà insieme nel documentario di prossima uscita”.

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