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Mondoreale > Blog > Cultura & Eventi > Teatro, al “Mario Costa” di Sezze va in scena “Se ci fosse luce”
Cultura & Eventi

Teatro, al “Mario Costa” di Sezze va in scena “Se ci fosse luce”

Ultimo aggiornamento: 12 Maggio 2014 9:28
Simone Di Giulio Pubblicato 10 Maggio 2014
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Domani, domenica 11 maggio alle 18 presso l’Auditorium “Mario Costa”, con il patrocinio del Comune di Sezze, la Compagnia “Le colonne” presenta Se ci fosse luce (i misteri del caso Moro), scritto e diretto da Giancarlo Loffarelli, con, oltre all’autore, Marina Eianti, Elisa Ruotolo, Luigina Ricci, Emiliano Campoli e Maurizio Tartaglione. Scene di Mario Tasciotti, audio Armando Di Lenola, luci Fabio Di Lenola. Tra il primo gennaio 1969 e il 31 dicembre 1987, ci furono in Italia 14.591 atti di violenza con motivazione politica, che fecero 491 morti e 1.181 feriti. Numeri che dicono con chiarezza che in quei diciannove anni si combatté in Italia una vera e propria guerra. All’interno di questa guerra, si colloca l’evento più tragico della storia della Repubblica italiana: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro con la strage della sua scorta. Un evento che non ha eguali nella storia contemporanea: capi di Stato e uomini politici di primo piano sono stati assassinati, gli Stati Uniti hanno avuto l’assassinio di John F. Kennedy, ma non s’è mai verificato che uno degli uomini politici più importanti di uno Stato venga rapito, tenuto prigioniero per cinquantacinque giorni (dal 16 marzo al 9 maggio 1978) nella sua capitale e alla fine venga ucciso. A più di trenta anni di distanza da quel tragico evento, la coscienza collettiva sembra essersi dimenticata di tutto questo: cosa sanno, oggi, le nuove generazioni di quei fatti? Chi è disposto ancora a parlarne? Sembra che su quell’evento si sia deciso di far calare il velo dell’oblio. Eppure ancora molti sono i misteri che lo circondano. Come facevano le Brigate rosse a sapere il luogo preciso in cui Moro sarebbe passato la mattina del 16 marzo 1978? Perché, anziché fuggire rapidamente, i terroristi si attardarono a finire tutti gli uomini della scorta con un colpo di grazia? Cosa faceva un ufficiale dei servizi segreti quella mattina sul luogo dell’agguato? Perché le Brigate rosse collocano il loro covo in uno stabile dove ben 24 appartamenti sono riconducibili ai servizi segreti? Lo spettacolo teatrale Se ci fosse luce (i misteri del caso Moro) intende contribuire a far conoscere alle nuove generazioni che non hanno vissuto quegli anni e a far ricordare a quelli che “c’erano”, ciò che accadde nel cuore di Roma il 16 marzo 1978, quello che seguì nel corso di 55 giorni fino al rinvenimento del cadavere di Moro la mattina del 9 maggio. Lo spettacolo non dà risposte che, finora, nemmeno la Magistratura ha saputo dare, ma solleva tutti i dubbi e le domande che attendono ancora una risposta, nella convinzione che ogni passo in più verso la verità è un contributo al rafforzamento della democrazia. Lo fa trattando una materia che ha tutta l’inesorabilità della tragedia greca, con uno stile rapido, incalzante e coinvolgente, che alterna ritmi frenetici a momenti di un lirismo struggente e che trascina il pubblico in un vortice di fatti e persone da cui si esce con una maggiore consapevolezza di ciò che avvenne e di ciò che furono, in Italia, i cosiddetti “anni di piombo”. Il testo teatrale è frutto di un lavoro di ricerca durato quattro anni, tiene conto di gran parte di quanto è stato pubblicato sull’argomento, di quanto, in diversi archivi, è possibile leggere, sia del materiale processuale che delle Commissioni parlamentari d’inchiesta, avvalendosi anche della preziosa consulenza dell’Archivio Flamigni. Il titolo, Se ci fosse luce, è una frase che Moro stesso scrive nell’ultima lettera alla moglie dal carcere brigatista (una lettera recapitata alla famiglia il 5 maggio 1978): “… vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo.” Moro, evidentemente, qui si riferisce alla luce sovrannaturale che la sua profonda fede gli fa sperare, ma è da ritenere che “se ci fosse luce” anche su quanto avvenne in quei 55 giorni che lo videro prigioniero delle Brigate rosse, ci si potrebbe avvicinare molto di più a una verità che, a trent’anni di distanza, è ben diversa da quella giudiziaria. Il testo è stato scritto per sei attori che non hanno ruoli fissi ma spaziano continuamente dalla funzione di narratori degli eventi a interpreti diretti di essi, incarnandone, di volta in volta, i protagonisti: Moro, gli uomini della scorta, i brigatisti, i politici del tempo. E’ pensato e scritto in modo che chiunque possa seguirne lo sviluppo, anche se fosse totalmente privo di una qualsiasi informazione preliminare sulla vicenda, proprio perché intende contribuire a far conoscere a chi, in quel tempo, non era ancora neppure nato, uno dei fatti più importanti della nostra storia recente, probabilmente il delitto politico più sconvolgente compiuto a Roma dopo l’assassinio di Giulio Cesare. Lo spettacolo teatrale tratto da quel testo riesce, in settanta minuti tirati, senza interruzione, a rendere la tensione di quei 55 giorni e a produrre un coinvolgimento emotivo che permette di sentire come contemporanei quei fatti. Questo spettacolo, rappresentato per la prima volta nel febbraio 2007 e, da allora, replicato in numerosi teatri italiani, oltre che oggetto di una Tesi di laurea all’Università di Siena e incluso in una pubblicazione statunitense sulle opere teatrali e cinematografiche dedicate al “caso Moro”, è stato segnalato dalla giuria del Premio nazionale “Ugo Betti” di Camerino (2010), ha vinto il Festival Stella d’oro di Allerona (2012) e il Premio Nazionale d’Arte drammatica di Pesaro (2013).

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