Prosegue il periodo di preparazione di Daniele Nardi, l’alpinista setino impegnato nella scalata invernale in solitaria del Nanga Parbat. Ma vento, freddo e difficoltà tecniche non sono le uniche preoccupazioni del 37enne scalatore, che dalle pagine del suo blog tocca un tema caldissimo non strettamente collegato allo sport che ha deciso di affrontare: “La notte ormai si sta avvicinando ed Ali lascia la mia tenda. Rifletto molto – spiega Nardi – su quello che mi ha appena detto e mi rendo conto che in fin dei conti questo luogo così a posto non lo è. Voglio condividere con voi le mie riflessioni. Per prima cosa non sono del tutto convinto che i terroristi (autori di un massacro lo scorso anno, nel quale persero la vita 10 alpinisti, ndr) siano stati catturati, invece credo che si nascondano sotto le vesti dei tranquilli abitanti dei villaggi che incontri tra Bunar Das e Ser. Forse è una sensazione, ma ho notato alcune cose che non mi hanno convinto. Un giorno, proprio qui al Campo Base, uno dei portatori, un ragazzo molto giovane, mi da una spallata non lasciandomi passare e guardandomi con superiorità. Lascio correre, è molto giovane per fare il portatore, ma da queste parti le cose funzionano così. Un altro episodio che mi ha lasciato perplesso è stato quando Ralf Dujmovits mi lascia del cibo con tanto di mail e dopo averlo visionato e preso in consegna, il cibo sparisce subito dopo che i portatori lasciano il Campo. È palese che in questo posto non siamo ben accetti. Durante la nostra conversazione, Ali mi ha raccontato che questa terra ha ospitato per lunghi anni due fazioni di religione musulmana, una in direzione della Rupal Face e l’altra in direzione della Damir Race. Le due fazioni si sono fatte la guerra a lungo, finché non è intervenuto il governo con un provvedimento definitivo, le ha sterminate entrambe. Dirvi che sono rimasto allibito è ben poco, adesso non è il caso che vi racconti tutta la storia, sicuramente ho aggiunto un altro tassello al mio puzzle, comprendendo ancora meglio la zona in cui mi trovo. Spesso – conclude Nardi – ignoriamo tutto questo solo per il desiderio di scalare le montagne”.


