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Mondoreale > Blog > Ad Aprilia la storia di una centrale Biogas che non produce energia

Ad Aprilia la storia di una centrale Biogas che non produce energia

Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre 2013 11:54
Simone Di Giulio Pubblicato 13 Dicembre 2013
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“Una recentissima delibera, concessa dalla Provincia di Latina/Regione Lazio nel territorio di Aprilia, ha dato il via, con estrema disinvoltura, alla realizzazione di un impianto biogas da 3 Mw, nonostante la presenza di presupposti tecnici che sono ‘tutti da ridere’.”. E’ questa la segnalazione che apre il comunicato del Comitato No Miasmi di Nettuno. Gli stessi esponenti continuano nelle loro accuse: “L’ assurdità di base è che il progetto non persegue il principale scopo che giustifica la realizzazione di una centrale a biogas, ovvero produrre energia elettrica da immettere nella rete di distribuzione nazionale. Tra le tante mistificazioni in materia biogas, infatti, non si era ancora visto il caso di un impianto di tali dimensioni che non riversi la energia prodotta nella rete di distribuzione di energia elettrica né riutilizzi l’ energia termica per teleriscaldamento ( i cittadini circostanti non la vogliono). Eppure, facendo gridare al miracolo, un impianto del genere è stato definitivamente approvato e entrerà a breve in produzione, a meno che il Tar, a cui il Comune confinante si è appellato, si accorga dell’ incredibile vizio di fondo che fa vacillare l’ intero progetto”.
GENESI DI UNA SITUAZIONE CONTROVERSA
In accordo con quanto dichiarato nell’ Autorizzazione Unica, la rete di distribuzione Enel in media tensione, in questa area regionale, è satura. L’ Enel in sostanza non è attrezzata per recepire ulteriori apporti energetici. A questo punto, con un colpo di genio, i biogassisti hanno ridimensionato il progetto a modo loro: cioè, continuando introitare sempre la stessa quantità annua di rifiuti, ma che manterranno in esercizio soltanto due motori-alternatori, lasciando il terzo come riserva; il tutto per produrre solo energia per autoconsumo. Con questa configurazione, come comprenderà chiunque abbia conseguito la sola scuola dell’ obbligo, verrà generata, inevitabilmente, una grossa quantità di biogas che resterà inutilizzata rispetto alle ben più limitate richieste dell’ impianto. Introitando sempre la stessa quantità di rifiuti, e tenendo in esercizio soltanto due motori-alternatori su tre, è banale concludere che il sistema dovrà, giocoforza, bruciare in torcia, con continuità, il 33% del biogas prodotto. E’ noto, oltretutto, che il gas bruciato in torcia di blowdown non ha adeguati abbattimenti di inquinanti, (come quelli, per intenderci, posti in uscita dal motore-alternatore) proprio perché se ne ipotizza una emissione in regime di ‘discontinuità’. Ma gli arguti proponenti, ritornati alla carica dopo le eccezioni formulate per quanto riguarda lo smaltimento dei gas in surplus in torcia, si sono fatti approvare dai competenti organi preposti l’ ipotesi di un regime di marcia con “disaccoppiamento del generatore” con l’ ausilio di PLC, al fine di smaltire il biogas in eccesso. In altri termini i proponenti dicono che utilizzeranno un regime che prevede la marcia dei motori senza produzione di energia. Per capirci possiamo utilizzare l’ esempio di un automobilista che, fermo al semaforo, metta in folle la vettura e pigi al massimo l’ acceleratore al solo scopo di bruciare benzina in eccesso. Si vede che il concetto di bilancio energetico non deve essere ancora ben entrato in mente ai tecnici proponenti un tale impianto biogas. I due sistemi di smaltimento , in torcia o nei motori , sono ugualmente inquinanti e per nulla ecologicamente verdi o nell’ ambito delle energie rinnovabili. Il corretto approccio al progetto sarebbe, viceversa, quello del downsizing dell’ impianto, ossia quello di ridurre la portata dei rifiuti in ingresso in modo da produrre il solo biogas necessario per l’alimentazione di due motori-alternatori, senza alcuna necessità di bruciare in torcia gas in eccesso , o far marciare a vuoto i gruppi motore-alternatore. La domanda è perché i proponenti ci tengano tanto a realizzare un impianto zoppo con una resa così bassa ed inquinante. L’ ovvia risposta è che i rifiuti introitati nell’ impianto sono remunerati a peso d’ oro e, pensare di limitarne la portata di un terzo, è per loro pura follia!

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