Valorizzare i tanti tesori posseduti e renderli fruibili per i visitatori, trecentosessantacinque giorni all’anno, rappresenta una condizione indispensabile affinché un simile discorso possa risultare realizzabile. L’esempio lampante di quanto un patrimonio celato, per quanto copioso, porti a poco in fatto di ritorno turistico, è Sezze. Tolte la Sagra del Carciofo e la Processione del Venerdì Santo, il più popoloso dei centri Lepini rappresenta una meta solo per le migliaia di immigrati in cerca di una speranza, attratti a Sezze dagli affitti a poco prezzo e dalla stazione ferroviaria che li avvicina a Roma dove vanno a lavorare. Per il resto, di turisti disposti a spendere a Sezze se ne vedono ben pochi e a ragione visto che da vedere, per chi non è del posto, c’è ben poco. Alla faccia dei tanti tesori nascosti! Neppure la presenza dei dinosauri è riuscita a rilanciare il volano del turismo setino. Negli scorsi anno qualcuno si era illuso che lo studio condotto dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” presso l’ex cava di Petrianni, potesse rappresentare la svolta; a distanza di qualche anno non è rimasto nulla. Eppure gli speleologi dell’ateneo trovarono tracce di dinosauro risalenti all’Era Mesozoica. Studi paleogeografici dimostrerebbero in essa la presenza di un arcipelago di isole nelle quali sarebbero emerse 200 tracce nelle rocce, appartenenti ad un sauropode e vari teropodi. Il sindaco Campoli (allora al suo primo mandato) prospettò la nascita di un parco archeologico ma da allora nulla. Come quello, altri siti attendono progetti di rivalorizzazione. La preoccupazione maggiore è sempre quella legata al passare del tempo che contribuisce al deterioramento cui vanno incontro le diverse opere millenarie lasciate nell’incuria. Gli esempi sono tanti: le antichissime mura poligonali, imponente opera voluta dai Romani nel IV secolo a.C. per difendere i territori di confine dal popolo Volsco; o la “Via dei Templi” che rischia di scomparire sepolta dal crollo delle mura (una parte è già crollata per accertate infiltrazioni di liquami); l’immensa Villa Romana individuata nelle vicinanze della strada regionale 156 dei Monti Lepini: la Villa “Le Grotte” è infatti un complesso architettonico composto da dodici archi lungo all’incirca 30 metri risalente al primo secolo a.c., oggi utilizzata dagli agricoltori come deposito di arnesi agricoli! Ci sarebbe ‘l’Arnalo dei Bufali’, un anfiteatro preistorico modellato dalla natura. Migliaia di anni fa, proprio lì, qualche uomo che vi aveva trovato rifugio, pensò bene di dipingere quella che è ad oggi la prima rappresentazione della figura umana disegnata sulle pareti del riparo: la figura antropomorfa chiamata “uomo a phi” per la somiglianza con la lettera greca omonima; ci sarebbe il “Riparo Roberto”, una grande apertura nella parete rocciosa utilizzata dall’uomo del Neolitico che vi incise graffiti raffiguranti figure umane, cervi in corsa e reticolati. Il sito si trova sulla parete rocciosa nella valle della Cunnela (Culla) a nord del paese, ed è lunga circa trenta metri e alta due metri e mezzo. Ma quello che altrove rappresenterebbe un tesoro, a Sezze resta abbandonato sotto le sterpaglie. Non è preda della natura in quanto patrimonio architettonico e della memoria, San Carlo, con la presenza in pieno centro storico, della casa natale del Santo adibita a museo grazie all’opera dell’omonima associazione. Senza trascurare il grandissimo patrimonio di chiese; a cominciare dalla cattedrale Santa Maria, un esempio di gotico cistercense costruita su una pianta romana ma poi rovesciata in seguito ai danni subiti per un incendio. Trascurando il tetto del campanile ricostruito praticamente in cemento a seguito dei danni del bombardamento, al suo interno sono custodite reliquie importanti per la religiosità cristiane, incastonate in un complesso architettonico suggestivo all’ombra di un altare che in piccolo sembra riprodurre quello di San Pietro in Vaticano. Le mura ciclopiche si possono ammirare in più punti, magari spostando qualche rovo e anche una sortita all’Antiquarium potrebbe riservare qualche gradita sorpresa, pari a quella di un giro del paese, alla ricerca delle targhe affisse, narranti alti momenti di storia (da quella dedicata agli argonauti a quella per le vittime del bombardamento del 21 maggio 1944, passando per quella in memoria di Luigi di Rosa e qualche altra che sarebbe bello fossero valorizzate in altro modo).
Luca Morazzano


