La proroga della mostra Caravaggio 2025 a Palazzo Barberini, ora visitabile fino al 20 luglio, segna non solo un’estensione temporale, ma un rinnovamento profondo del percorso espositivo. Il nuovo intervento luminoso a cura di Francesco Murano, tra i più autorevoli progettisti della luce in Italia, rilegge l’intera esperienza visiva come un crescendo narrativo in cui la luce diventa strumento di lettura e immersione.
La mostra – L’esposizione, già visitata da oltre 400mila visitatori, riunisce opere cardinali del Merisi provenienti da importanti collezioni italiane e internazionali. Capolavori come Flagellazione di Cristo, Giuditta decapita Oloferne, Davide con la testa di Golia e l’Ecce Homo si offrono oggi in una nuova profondità percettiva. Non si tratta semplicemente di illuminare quadri, ma di interpretarne il linguaggio, attraverso un disegno luminoso calibrato, essenziale, silenzioso e comunque rispettoso delle opere e dello spazio.
Una “scrittura di luce” – Murano descrive questo lavoro come una “scrittura di luce”, pensata per indagare la struttura interna delle opere. “Caravaggio non va solo illuminato: va compreso nelle variazioni che la luce produce sulle opere a seconda che il raggio provenga da destra, da sinistra o dall’alto ma senza che ciò riduca o enfatizzi la teatralità della composizione – afferma Murano – Ho modulato le intensità e le direzioni in modo che il chiaroscuro non diventasse effetto, ma necessità. Ogni opera si manifesta nella luce e con una luce che non si impone, ma accompagna e suggerisce. Nel caso dell’Ecce Homo, ho voluto che il volto di Cristo affiorasse dal buio e il visitatore fosse propenso tanto al dialogo quanto alla visione”.
Le caratteristiche dell’allestimento – Il progetto, fortemente site-specific, si confronta con la complessa architettura di Palazzo Barberini. Le luci non negano l’identità del luogo, ma vi si integrano in modo fluido. Le stanze leggermente rischiarate diventano camere della visione, ognuna con un ritmo proprio, pensato per dialogare con le superfici pittoriche e la monumentalità dello spazio. La temperatura colore è stata studiata in funzione della materia dei dipinti e della qualità atmosferica delle stanze, le sorgenti luminose generano volumi spaziali e prospettive visive.
La Flagellazione di Cristo – “Illuminare una mostra come questa è un onore e un piacere, ma anche una sfida tecnica – aggiunge Murano – il nero lucido dei dipinti riflette la luce frontalmente, mentre l’illuminazione laterale può generare ombre indesiderate dalle cornici. Serve pazienza, cura e rispetto per ogni singola opera. C’è però un’eccezione che continua a commuovermi: la Flagellazione di Cristo. È la seconda volta che illumino questo capolavoro: la prima fu nella mostra “Gli occhi di Caravaggio” curata da Vittorio Sgarbi nel 2011. Allora come ora è stata sufficiente una sola luce per far risplendere il corpo di Cristo, un miracolo di illuminazione che forse va cercato nelle conoscenze alchemiche del cardinale Francesco Maria Del Monte, mecenate di Caravaggio. E mi piace immaginare che il Cardinale abbia suggerito al Maestro una “pozione magica” in grado di catalizzare la radiosità dei pigmenti impiegati”.
Questo intervento rappresenta ancora una volta un punto di riflessione più ampio sul ruolo della luce nelle mostre d’arte. La luce è concepita non solo uno strumento tecnico, ma un mezzo espressivo che interpreta, valorizza, guida. La firma progettuale non si limita a illuminare le opere: le ascolta. E nel farlo, restituisce al pubblico un’esperienza che non è solo visiva, ma profondamente narrativa.



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