Chissà se il nuovo sindaco Delogu saprà ridare impulso al patrimonio storico, archeologico e culturale di Priverno dopo le polemiche che per anni hanno riempitole pagine dei giornali negli anni scorsi, riguardo lo stato di abbandono dell’area archeologica lungo la 156 dei Monti Lepini, e degli altri attrattori culturali privernati. La riapertura del museo archeologico in piazza Giovanni XIII lascia ben sperare, ma la strada è lunga così come i tanti tesori da riscoprire. Quella che fu la città della Regina Camilla e di suo padre, il re Metabo, rischia infatti di scomparire migliaia di anni dopo a causa di uno stato di abbandono pauroso. Le rovine presenti in località Mezzagosto rappresentano infatti un patrimonio assolutamente eccezionale, per estensione e stato di conservazione. Stiamo parlando di un viaggio a ritroso nel tempo lungo secoli, rappresenta uno dei centri più ricchi di tesori dell’intero panorama dei Monti Lepini per quanto riguarda i tesori archeologici. Geograficamente in territorio di Maenza,ma a pieno titolo all’interno del comune di Priverno, offre uno spettacolo adatto sia a turisti neofiti, che appassionati. Già la posizione scelta narra di storia. E’ posizionata in un punto in cui era già presente un efficiente percorso stradale romano che collegava l’area pontina all’entroterra della città. L’area archeologica si trova nel punto dove la valle si allarga e dove il fiume Amaseno, un tempo navigabile, arrivava fino al porto di Terracina. Si pensa che la fondazione sia datata intorno al II secolo a.C. anche se alcuni ritrovamenti fanno pensare che il territorio era già occupato a partire dal IV . In una superficie metricamente poco estesa si possono ammirare (se non fosse per le erbacce oppure per l’acqua che quando piove li allaga) scavi dettagliati, effettuati in più riprese, hanno portato alla luce dei ruderi di rilevanza satirica ed archeologica non indifferenti oltre che in buono stato di conservazione. La Privernum romana assieme all’abbazia di Fossanova potrebbero diventare un richiamo a livello mondiale. Intrisa di storia in ogni angolo, legata a doppio filo con San Tommaso d’Aquino che vi morì, l’Abbazia Fossanova rappresenta già oggi un luogo turistico assai visitato, ma per una fruizione mordi e fuggi, spesso con pullman pieni che arrivano, scaricano i presenti per visite di poche ore per poi caricarli nuovamente e portarli via. Nonostante i cinquecento anni passati, l’Abbazia, il cui stile gotico-cistercense ha pochi esempi nel mondo, rappresenta il centro di un borgo medievale conservato in maniera splendida,, con tanto di museo annesso. A ciò si aggiungano le suggestive chiese di S. Antonio Abate, di S.Benedetto e di S.Giovanni per completare un giro niente male. Specialmente se si precisa che nella chiesa di S.Giovanni sono presenti affreschi che gli esperti ritengono appartenenti ai discepoli della scuola di Giotto. La Piazza del paese ospita lo splendido Palazzo del Comune, affiancato dalla Cattedrale di S.Maria Annunziata consacrata, costruiti entrambi nel basso medioevo e ristrutturati nei secoli seguenti, e dalla Fontana dei delfini, di rara bellezza artistica, costruita nell’ottocento per festeggiare l’arrivo dell’acquedotto nel paese a completare il panorama di una delle piazze più belle della provincia. Se ancora non basta, si potrebbe aggiungere al tour il Castello di San Martino (se pure non fosse anche qui per le mille polemiche legate alla gestione e allo stato di abbandono); con il suo parco di 33 ettari e il suo sentiero naturalistico, costituisce un punto di importanza fondamentale. Al suo interno c’è il “Museo per la matematica” che negli anni passati ha rappresentato meta di decine di migliaia di bambini di scolaresche provenienti da tutta Italia per poi perdersi in politiche troppo articolate per venire svelate in queste righe.
Luca Morazzano